Nonostante lo spettacolo inverecondo che la politica stia offrendo in questo lungo sonno puntellato da incubi ricorrenti, nonostante tutti i regali che la politica ufficiale stia facendo a Grillo e ai furbi ansiolitici come lui. percepisco un bisogno diffuso e forte di politica. Quella vera, che ragiona di fatti e di cose e di persone. La politica che è amore per la polis e non solo per poltrone, incarichi e prebende.
Confermano questa mia sensazione due commenti che ho ricevuto in questi giorni.
Il primo è di Michele Lauriola, promotore della rete Pro Capitanata, dopo essere stato per molti anni alla guida dell’Ufficio Tecnico del Comune, quando ancora Foggia poteva permettersi di sognare in grande.
Michele affida ad una mail su Facebook una lucidissima e stimolante riflessione su alcuni fatti politici di questi giorni.
Ecco quanto scrive.
Oggi, ancora una volta sulla Gazzetta del Mezzogiorno, si leggono nelle pagine della Capitanata due importanti articoli per il futuro politico della Capitanata. Il primo ,“Colpo di scena nel PD, slitta l’elezione del Presidente”, posto in evidenza. Il secondo, “Idee in movimento”, è un semplice trafiletto. Due sistemi politici a confronto. Il primo articolo evidenzia la incapacità del PD, il maggior partito dell’Area di CS, di uscire dagli schemi convenzionali dei partiti. La politica,
insomma, a servizio dei politici. Il trafiletto, invece, riporta il tentativo del CD di mettere in piedi un progetto “senza i simboli di partito”. La cosa che sconcerta di più è prendere atto che nell’Area di CS giovani politici emergenti sono costretti a dibattere di “questioni interne” ai partiti con politici della vecchia guardia , mentre nell’Area di CD, politici scafati come Agostinacchio, Longo, Ventura, Mongiello, Verile, De Rosa, Ursitti, De Leonardis, Tatarella (vecchia guardia), riescono a mettere da parte le “questioni interne” ai partiti per parlare di “tattiche e strategie” per la crescita della città nonché eventuali candidature sulla base della condivisione degli indirizzi generali. E’ uno schiaffo alla classe dirigente emergente politica del CS e del CD. Non sarà come dice Giuseppe De Tommaso, della Gazzetta del Mezzogiorno, che questi giovani del CS e del CD non sanno che “per essere capi non bisogna essere troppo attivi o zelanti, ma bisogna trovare il tempo per leggere e studiare, tanto raccomandava Carl von Clausewitz, stratega militare e profondo conoscitore dei meccanismi del potere”. Gli uni e gli altri, entrambi, alla ricerca di una identità per continuare a fare politica per i politici e non per i territori. La società civile dell’Area Civile di centro sinistra della Capitanata, ha già un progetto politico strategico per i territori della Capitanata, territori intelligenti, Pro Capitanata.“
Il secondo commento è di un esponente di primo piano della cosiddetto prima repubblica, Roberto Paolucci, assessore regionale e segretario provinciale del Partito Socialista tra gli anni Ottanta e Novanta, che interviene – con molto acume – sul recente congresso del Pd, e in particolare sulla considerazioni di Davide Leccese: “I congressi dei partiti popolari della prima repubblica erano di qualità, altro che gossip sul tesseramento gonfiato e luoghi comuni per criticare a tutti i costi. I congressi dei partiti della prima repubblica affrontavano i problemi e facevano scelte politiche e programmatiche fra l’altro orientate da una ideologia, una cultura, una esperienza, una tradizione. Io non voglio drammatizzare quello che succede nel PD; mi rallegro che finalmente ha aperto le porte al pluralismo ed alle correnti anche organizzate se vogliono. Il guaio del PD è che Renzi parla come un leader di un partito di opinione ed il congresso quindi non può non essere che una sorta di “teatro”, una favola.”
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Sto da molto tempo riflettendo – come "studio" politico serio – sulla avvenuta fusione, nel pd, tra l'area politico-sociale cattolica e quella, sempre politico-sociale, del mondo ex comunista. Ho molti dubbi da sciogliere ancora, non ho alcuna certezza a favore.
… caro Geppe, quando la politica ci appariva buona (non voglio avventurarmi eccessivamente sulla bontà di quella politica) per lo meno c'era il tentativo di farsi riconoscere: con il linguaggio, con i comportamenti, con programmi e strategie. Oggi degli emeriti quaquaraquà si proclamono di destra o di sinistra a prescindere.