Gli articoli di Lettere Meridiane sulla determinazione con cui il direttore generale di Aeroporti di Puglia ha bloccato la gara di appalto per l’allungamento della pista e sulla dolorosa bocciatura del progetto ad opera del NVVIP della Regione hanno suscitato una buriana di commenti e di prese di posizione, molte delle quali accomunate dalla positiva volontà di ragione sulle sorti dell’aeroporto di Foggia sulla base dei fatti, delle prospettive concrete, e non dei desideri.
Merita particolare attenzione la lunga e stimolante riflessione di Enrico Ciccarelli, che pubblico di seguito.
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Caro Geppe, meriti (insieme a Maurizio Antonio Gargiulo) un elogio per avere, dopo tante dichiarazioni improvvisate, lasciato parlare i fatti. Temo però che anche nel tuo pezzo ci sia il virus del campanilismo, di un riflesso pavloviano che ti fa vedere nel parere del Nucleo di Valutazione uno “schiaffo al territorio”. Io penso che, per non buttarla sempre in caciara, dovremmo cercare di ragionare sui fatti; non discuto della veridicità dei dati riportati, secondo i quali AdP sarebbe piena di debiti; ma non capisco perché questo dovrebbe cambiare il parere del Nucleo, che non si esprime su superiori e generali strategie, ma sulla compatibilità economico-finanziaria della singola opera.
Questa opera non è un casello autostradale, il cui costo si esaurisce nella spesa di realizzazione; implica un aumento di costi per la sua gestione (un aeroporto dalla pista più lunga dovrà sostenere costi maggiori). A quanto ammontano questi costi? Centomila euro l’anno? Un milione l’anno? Tre milioni l’anno? Dico cifre a caso, solo per sottolineare che non si tratta di un dato indifferente. La nuova funzionalità così ottenuta (quindi la possibilità di far atterrare velivoli più capienti) permetterà di recuperare almeno gli accresciuti costi?
Al proposito va detto che i sostenitori dell’aeroporto Gino Lisa o i più esagitati fra loro sono già pronti ad avanzare richieste di ulteriori fondi per finanziare i voli, evidentemente ritenendo che anche la maggiore capienza degli aerei non sarebbe in grado di assicurare tariffe competitive rispetto alla domanda di mercato. Esiste una stima realistica dei fabbisogni o si pensa di potere indefinitamente utilizzare risorse pubbliche “a piè di lista”?
La situazione mi sembra abbastanza chiara: i tecnici, o burocrati che dir si voglia, non sono tenuti ad avere immaginazione, e forse non ne hanno neanche il diritto. Per converso, la politica è obbligata ad averla, e quindi a non fermarsi ai dati della realtà effettuale, ma a scandagliare le prospettive, esplorare le potenzialità.
Il problema è che questo non si fa mettendo insieme una serie di asserzioni più o meno pompose e indimostrate, ma analizzando, valutando, progettando. È noto che siamo in un contesto di robusta flessione del trasporto aereo, che molte compagnie vivono una condizione a dir poco drammatica, che il sistema degli aiuti, di cui beneficia soprattutto Ryanair, è da tempo al punto di rottura.
Aggiungo che il problema italiano non sembra quello di avere troppo pochi aeroporti, ma troppi, e di averne molti che sono sotto il livello minimo di efficienza (che ho letto consistere nella capacità di far decollare o atterrare almeno mezzo milione di persone all’anno, cioè più di sette volte la performance massima dello scalo foggiano, robustamente assistita dalla Regione).
Il punto, secondo me, non sta nel consueto abbaiare alla luna, o nei berci scomposti di chi crede al trasporto aereo come servizio sociale, ma nel pratico allestimento di proposte e strategie utili a dimostrare (a dimostrare, non ad asserire) che i numeri che oggi ci danno torto domani ci daranno ragione. C’è una strada per farlo? Secondo me sì.
Partiamo da un dato: l’aeroporto di Foggia non serve a far volare i foggiani, che oggi hanno la possibilità di raggiungere Palese in tempi non molto superiori a quelli di un romano che debba andare a Fiumicino o di un milanese che debba andare a Malpensa. Può essere invece uno scalo molto utile per i cittadini di Benevento, di Campobasso, di Avellino, del Melfese. E potrebbe trovare una sua vocazione naturale sulle direttrici Est-Ovest dell’Adriatico, quelle che saranno interessati da interventi-bersaglio con la costituzione della macro-regione adriatico-ionica (1° gennaio 2014).
Non devo dire a te che né l’una né l’altra idea sono mie o sono nuove. Riprendono solo lo studio del Censis che un po’ più di un decennio fa il mai abbastanza rimpianto Antonio Pellegrino commissionò per irrobustire la sua idea del Patto delle Province, un’ipotesi di collaborazione e di scambio che non aveva le ambizioni istituzionali della Moldaunia, ma si proponeva di rispondere, in parte, alle stesse domande, valorizzando il nostro tradizionale ruolo di “provincia-cerniera”.
Qualcuno è in grado di dirmi cosa si è fatto negli ultimi dieci anni per non lasciar cadere quella intuizione di Pellegrino? Avete notizia di una qualche forma di dialogo interistituzionale, ovvero fra le categorie, le Camere di Commercio, le Fiere, le Università? Chi le ha è più informato di me. Né mi pare che le cose migliorino a proposito della macroregione adriatico-ionica. L’unica istituzione che ha mostrato di non esserne del tutto a digiuno è stata l’Università, che con Giulio Volpe varà un paio d’anni fa la bella iniziativa di “Adrìas” (anch’essa -mi pare- rimasta isolata).
In conclusione, caro Geppe (e ti chiedo scusa per l’ampia estensione di questo commento) c’è una insanabile contraddizione fra la richiesta di avere uno scalo aeroportuale funzionante e la trascuratezza imbelle verso il tessuto di relazioni da cui questo scalo dovrebbe essere alimentato.
È ben vero, come dice Michele Bordo, che la politica di sviluppo non può essere delegata o decisa nei suoi tempi da qualche funzionario. Ma è ancor più vero che la politica dei vorrei ma non posso, delle demagogie un tanto al chilo, delle rincorse al ribasso dell’opinione pubblica non può dissolvere le criticità su cui i funzionari hanno non solo il diritto, ma il dovere di richiamarci.
Fra ritardi, imbarazzi e impressionanti deficit comunicativi, la Regione Puglia fa di tutto per dare ragione ai suoi detrattori; ma questo non cambia la puerilità della pretesa di ignorare i dati della realtà. Un saluto.
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Sono d'accordo con Ciccarelli ! Il suo bell'intervento da un lato mi fa riflettere ancora una volta ( se ancora ce ne fosse bisogno) sulla inadeguatezza della clase dirigente di Capitanata degli ultimi anni ; dall'altro mi stimola una domanda : al punto in cui siamo alla Capitanata cosa servirebbe dippiù ? un aeroporto o migliorare in maniera importante i collegamenti con l'aeroporto di Bari Palese? Giampiero Protano
"CHI BEN SI ADATTA ALLA POVERTA' E' RICCO".
(Seneca)
Innanzitutto è necessario sottrarre al "povero" la stima di se stesso.
Il "povero" non ha bisogno di ambire ma, deve adattarsi; non deve ragionare ma accettare ciò che gli si offre…
Altrimenti a cosa servirebbero i moniti di così illustri argomentatori che assecondano punto dopo punto la parabola discendente del nostro "povero" territorio?
Per costoro, coloro che perorano la causa del "povero", sarebbero "afflitti dal virus del campanilismo" o quantomeno, da "riflessi pavloviani" (attraverso il condizionamento Pavlov dimostrò la possibilità di indurre negli animali schemi di comportamento simili a quelli umani nevrotici)…
Costoro, cercano di insinuare il dubbio per disorientare il "povero": " A quanto ammontano questi costi? Centomila euro l'anno? Un milione l'anno? Tre milioni l'anno? … permetterà di recuperare almeno gli accresciuti costi?".
E coloro che invece alimentano la speranza, sono al più degli "esagitati già pronti ad avanzare richieste di ulteriori fondi per finanziare i voli".
A chi non verrebbe meno la speranza di fronte a tanti interrogativi?
Dopo Cartesio infatti, il dubbio acquisterà sempre più i connotati di una realtà metafisica autonoma, la cui legittimazione, ormai slegata dal rapporto con la verità, si riteneva potesse avvenire di per sé.
Per converso, scopriamo che "la politica scandaglia le prospettive, esplorare le potenzialità".
Come "poveri", non ce ne eravamo resi conto mai prima d'ora.
D'altronde, "Anche il povero ha una precisa funzione nella vita sociale: permettere al ricco l'esercizio della generosità". (Jean Paul Sartre).
Dunque, se i finanziamenti vanno al "ricco" non ci lamentiamo ma se questi sono sottratti al povero, rientra nelle nostre funzioni.
Grazie di così tanti perentori non richiesti consigli.