Il coraggio di Tommaso, giovane NEET

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Tommaso Di Gioia è il giovane laureato NEET di cui Lettere Meridiane ha qualche giorno fa ospitato il lamento. Anonimo, in quella occasione perché si trattava di uno sfogo, di una lettera che Tommaso mi aveva indirizzato privatamente per segnalarmi le difficoltà che sta affrontando per trovare un’impresa disposta ad ospitare un tirocinio (tutto pagato dallo Stato) nell’ambito di una professionalità (laurea in tecnologie alimentari) che pure riguarda una delle vocazioni più antiche del nostro territorio.
Tommaso ha scritto un’altra lettera, particolarmente esemplare dello stato d’animo in cui si trovano migliaia di giovani NEET come lui. Eccone il testo.

* * *

Grazie Geppe per aver reso noto la mia situazione che poi è comune a migliaia di altri miei coetanei. Quello che mi fa rabbia è che molto spesso i giovani appaiono come sfaticati, lavativi e mammoni eppure io e molti miei amici abbiamo sempre lavorato durante l’Università (la sera nei pub, nelle pizzerie, ecc..) e la mattina ci siamo comunque svegliati presto per non perdere le lezioni. 
Una volta conseguita la laurea ci sentiamo rispondere che per lavorare serve l’esperienza e che non sei abbastanza qualificato per ricoprire un posto qualsiasi. 

Devi per forza continuare a restare legato a mamma e papà e a “pesare” economicamente sulla famiglia, è un vicolo cieco, non c’è via d’uscita. 
Purtroppo le diseguaglianze sociali quasi di stampo ottocentesco esistono tuttora, anzi, si sono amplificate se paragonate alla generazione precedente: chi può permettersi di investire molto sulla propria formazione ha meno difficoltà rispetto a un figlio di un impiegato, e non è un peccato ma un dato di fatto.
Detto questo io non perdo fiducia, lo ribadisco, non mi fermo al lamento e voglio crederci, ma ogni tanto vorrei non sentirmi in colpa di sentirmi disorientato o confuso e di urlare a questa arretrata Provincia (che io amo) e a questo disunito Paese tutta la mia indignazione.

* * *

È difficile rispondere a Tommaso, è difficile argomentare e disquisire quando si appartiene – come chi scrive – ad una generazione che ha fatto molto poco per dare un futuro ai propri giovani. Mi sembra inadeguato perfino l’appello a non demordere, l’invito al coraggio con cui gli ho risposto, alla prima lettera che mi ha mandato.
Ma forse una cosa si può fare. Togliersi il cappello di fronte a Tommaso e a quanti giovani condividono la sua situazione. Quelli che per non pesare su mamma e papà andavano a lavorare nei week al pub e il lunedì mattina si trovavano regolarmente a lezione. Quelli che studiano da pendolari e da fuori sede perché non possono permettersi un posto letto in affitto, ma alla fine si laureano lo stesso. Quelli che non perdono la fiducia nel futuro, nonostante tutto quanto li circonda li confonda e li disorienti. Quelli che hanno il coraggio di esprimere la loro indignazione, e nonostante tutto continuano ad amare la loro terra, e a restarci.
Chapeau a Tommaso e a tutti quelli come lui. A loro, un augurio solo, da uno di un’altra generazione: siate migliori di noi.

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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “Il coraggio di Tommaso, giovane NEET

  1. Penso che la solidarietà' sia scontata. Ma andiamo oltre. La lettera mi porta ad una riflessione, anzi ad una considerazione che al momento dell'istituzione della facoltà di agraria sostenevo con forza.
    Sostenevo con forza che i benefici per i giovani sarebbero stati assicurati. portavo ad esempio proprio il corso di laurea di Tommaso che ritenevo pienamente incentrato per la provincia di foggia e di sicuro riferimento per le opportunità di lavoro dei laureandi.
    Scopro con rammarico che sbagliavo.
    A mio parere e spero di non essere smentito una seconda volta l'Idea del corso di laurea istituito era e resta valido.
    si è' sbagliato nella parte in cui non si è' supportato l'idea con accordi fra università, enti istituzionali e mondo imprenditoriale.
    Mi spiego
    Una volta per entrare nel mondo del lavoro era sufficiente apprendere il mestiere.
    Bastava seguire un maestro, qualche sacrificio personale in impegno ed il gioco era fatto.
    Bene bisogna tornare a questa concezione.
    L'università per essere credibile deve preparare i laureandi non solo con didattica ed esamifici, ma deve introdurre gli studenti in ambienti di lavoro già' prima del titolo di studio.
    Se si studia operativamente seguendo i maestri presso attività commerciali di riferimento si persegue il doppio vantaggio di conferire prestigio a chi insegna e si concede allo studente l'opportunità di verificare sul campo la bontà dell'insegnamento.
    A questo si aggiunge l'ulteriore opportunità che si concede allo studente di mettersi in mostra con i responsabili delle aziende frequentate.
    Se parliamo di università che si vuole imporre, bisogna che accompagni lo studente anche nella ricerca delle opportunità di lavoro.

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