Ci sono giorni – come oggi – che Lettere Meridiane m’inorgoglisce, e mi appaga. Non per merito mio, ma degli amici che raccolgono i sassi che il blog cerca di gettare nello stagno di un confronto sul futuro di questa terra che sta diventando sempre più rarefatto.
C’è chi non si arrende, per fortuna. Come Marcello Sciagura e Girolamo Arciuolo, che a partire dalla vexata quaestio dei parchi eolici off-shore che stanno per venire autorizzati nelle acque del Gargano danno vita ad uno scambio intenso e approfondito prima di tutto sul senso dello sviluppo e quindi sulla particolare congiuntura che la nostra terra sta vivendo, di fronte al bivio tra la sua vocazione turistica e la necessità di governare l’ambiente e il paesaggio in modo che questa vocazione venga in qualche modo tutelata.
Il futuro non è un dogma. Non va subito, ma piuttosto costruito con consapevolezza. Non esistono scelte di futuro del tutto buone o del tutto cattive. Il peggio che può capitare a un territorio (e mi pare sia questo il frangente drammatico che la Capitanata sta vivendo) è la stagnazione, ovvero un presente impaludato in cui ogni slancio viene mortificato. E poi il futuro va sognato, per essere costruito. E la nostra è una terra sempre più incapace di sognare.
È bello davvero che ci sia ancora qualcuno capace di osare il sogno, e di sostenere le sue idee con ragionamenti problematici, non precostituiti, aperti ad ulteriori possibili suggerimenti.
Il dibattito è aperto. Ecco, di seguito, gli interventi di Marcello Sciagura e Girolamo Arciuolo.
MARCELLO SCIAGURA
Caro Geppe , ho letto il tuo articolo circa la possibile futura localizzazione di un parco eolico in una zona prospiciente le nostre coste. Se mi è possibile vorrei esprimere una mia opinione, molte volte è vero che alcune reazioni sono determinate da alcuni convincimenti precostituiti e neanche tanto corretti. Non dovremmo discutere sul parco eolico si parco eolico no.Ma si dovrebbe discutere su quelle che sono le nostre direttive di sviluppo nel territorio.
Vogliamo uno sviluppo industriale spinto? Oppure si vuol puntare ad uno sviluppo turistico- agricolo con risvolti industriali , che badi alla salvaguardia dell’ambiente ? Una volta deciso questo parliamo del resto. Se saremo convinti di uno sviluppo industriale dovremo in parte rinunciare ai paesaggi , come in parte abbiamo già fatto nel Subappennino.
Proprio per questo motivo, alla luce dei risultati in quelle zone però dovremmo chiederci , questi sacrifici ambientali è sicuro ci porteranno un vantaggio, e che questo sarà duraturo e compatibile con la nostra salute e quella dei nostri figli?
A proposito del parco eolico nel Golfo se si vorrà rinunciare all’aspetto ambientale dovremo fare in modo che almeno l’energia prodotta in loco venga usata in loco e a costi più bassi per le future aziende che vorranno venire a impiantare delle loro produzioni nel nostro territorio. E poi dovremo investire le stesse aziende che installano o gestiscono gli impianti , della responsabilità della bonifica futura in caso di dismissione dell’impianto.
Chi parla di Horns Rev 1 e 2 in Danimarca (nella foto, n.d.r.) parla di un ecosistema leggermente diverso, un mare più aperto e con interessi turistici delle zone degli impianti che non hanno il pregio delle nostre coste. Orbene decidiamo prima quale deve essere il nostro futuro e poi facciamo il resto. Possibilmente in tempi brevi, qui da noi tra inceneritori, impianti a biomasse, trivellazioni e eolico, siamo già partiti con un futuro in cui vedo grossi vantaggi per altri, ma non per il territorio.
GIROLAMO ARCIUOLO
Condivido molto l’approccio di Marcello Sciagura.
Riflettevo su un paio di questioni. Di località che vivono solo di turismo, forse in Italia ve ne sono solo due o tre: forse Venezia, che però a pensarci bene non potrebbe sopravvivere senza Marghera, forse Capri, forse Cortina d’Ampezzo, qualche altra piccola località e poi basta.
San Giovanni Rotondo, ad esempio, contrariamente alla vulgata, non vive affatto grazie al turismo ma principalmente grazie all’industria della salute.
Del resto, col turismo si vende la qualità di un territorio (come amenità dei luoghi, presenza di storia e monumenti, occasioni ricreative e di socialità e di svago, qualità dell’alimentazione e della ristorazione, cordialità delle persone …) che o ci sono oppure è difficile “produrre”.
Un produttore di scarpe può anche formare i propri dipendenti. col turismo accade invece che il ristoratore capace può pure formare al meglio i propri camerieri ma nulla può per formare i cittadini, i vigili urbani, gli esercenti attività commerciali … e quindi l’insieme dei soggetti che costituiscono una comunità.
La cordialità e lo spirito di accoglienza e il rispetto degli altri, o sta già nelle corde di un territorio o non lo inventi in una stagione.
È vero il Gargano è spettacolare. ma lo sono anche i suoi cittadini? oppure non è forse vero che lo spirito garganico ha un non so che di ombroso, di inospitale e, in definitiva, di inadeguato? Noi forse non siamo quelli che rubano le auto, che buttano il pacchetto delle patatine o delle sigarette a terra, lasciano le lavatrici vecchie lungo la strada per la Foresta Umbra? Noi non siamo quelli che puntano a fregare il cliente (tanto quello è tedesco e non riconosce una scamorza industriale da un caciocavallo di pregio …?)
Ecco allora che vanno considerati alcuni elementi fondamentali. Per un verso, il turismo da solo non può far decollare un territorio largo e complesso. Per altro verso, il turismo è un settore ad enorme livello di complessità, in quanto vi cooperano molti attori e una molteplicità di elementi, tutti ben difficilmente coordinabili e gestibili con razionali semplici interventi di management.
Inoltre, prima si costruisce qualità della vita, reddito e cordialità dei rapporti per i cittadini che vivono stabilmente in un territorio e solo poi si può realisticamente pensare di poter offrire un prodotto accettabile per gli ospiti.
Per fare tutto ciò occorre produrre ricchezza, e la modalità più efficiente per produrre ricchezza è la tanto vituperata industria.
Per questo, chi pensa alla bellezza del nostro territorio e alla possibile valorizzazione turistica di quella bellezza deve rassegnarsi all’idea che l’industria sia utile e anzi necessaria. Deve rassegnarsi all’idea che servono le tecnologie, che il gasdotto è nulla o poco impattante e che comunque è necessario ecc. ecc.
Deve rassegnarsi all’idea che è meglio un territorio pulito e curato e arricchito dal lavoro semmai anche grazie alla tecnologia del termovalorizzatore o (anatema) dell’inceneritore che della “monnezza” a cumuli e maleodorante sotto casa, anche perché nessuno è mai riuscito nell’impresa di dimostrare che pugliesi o campani sono più furbi di tedeschi, danesi, bolognesi o bergamaschi che mai si sono sognati di organizzare sotto vessilli ambientalisti, presidi di nonne, donne di casa, pregiudicati in vespino, a difesa del territorio perl a monnezza maleodorante e contro gli impianti a norma comunitaria, per lo smaltimento dei rifiuti.
P.S. : è il caso di aggiungere che condivido t o t a l m e n t e, il tema della partecipazione come forma della Politica (così come la intendono Cuperlo o Vendola, ad esempio). La cosiddetta politica che delega le scelte alla tecnica e si concentra sulla “intermediazione impropria”, è invece l’espressione tipica del politicismo debole, becero e ignorante di questi anni.
MARCELLO SCIAGURA
Egregio Girolamo, ho letto attentamente ciò che hai riportato nel commento. Condivido pienamente quella che è la descrizione quasi antropologica che ne fai della nostra gente, però spero che condividerai di permettere anche a chi ha queste caratteristiche, che poi chiaramente non sono la maggioranza, di poter partecipare ad una decisione sul futuro suo e dei suoi discendenti, con coscienza e conoscenza.
Perdonami, ma devo anche essere stato poco chiaro nel mio commento, ma non ho mai detto che dovremo vivere solo di turismo. Dovremo però indirizzare la nostra scelta di futuro in una direzione di rispetto ambientale, anche da un punto di vista industriale.Quello che dici sui danesi, inglesi, tedeschi, bolognesi e bergamaschi ti assicuro non è mica vero. Anche loro protestano e stanno rivedendo degli errori di sviluppo industriale, fatto con qualche scelta errata. A tale proposito ti invito, se avrai la possibilità di vedere due bei film documentari: uno è ” Sporchi da morire” l’altro è “Trashed”.
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Caro Marcello,
credo di aver compreso bene tanto che col mio intervento ho inteso rinforzare l'idea, credo anche tua, che l'intervento dell'uomo deve essere ispirato dalla bellezza. Credo di poter affermare, che l'industria avanzata, più è tale (e cioè a dire avanzata e tecnologica) e più è rispettosa dell'ambiente.
Nella provincia di Foggia, per altro verso, è ben poco l'inquinamento di tipo industriale, mentre è enormemente rilevante l'inquinamento dato dal consumo di territorio per seconde case per uso cd turistico e per edilizia sgangherata.
Si tratta di una forma di imbruttimento difficilmente smaltibile, oltretutto.
Anche il Turismo, quindi va orientato verso la bellezza.
Devo infine ribadire la mia idea che tedeschi e danesi sono assolutamente più intelligenti di noi.
Leggono di più, frequentano molto di più teatri e biblioteche, non hanno paura di tecnologie e modernità, hanno belle metropolitane, termovalorizzatori, aria pulita, buoni servizi, uno straordinario livello di wellfare, regole e diritti, più donne e giovani che lavorano, più pil, redditi più alti, più asili nido, centri di ricerca tecnico-scientifica, foreste grandiose, bellissime case, città ordinate e che seguono sani criteri urbanistici, bellissime periferie.
Noi abbiamo il sole e il mare, ma sempre più sporco, molta più cialtronaggine, molta più delinquenza ed enormemente più aggressiva e lesiva della nostra libertà personale, pochi asili e meno belli, scuole cadenti, pochissime biblioteche, pochissime sale da concerto e pochissime orchestre, e siamo governati da politici che non affrontano problemi ma che fanno "politica" intesa come distribuzione di incarichi professionali o piccoli appalti con annesse partite di giro …
almeno questo è quello che vedo.