Salvatore Valerio evoca addirittura una questione antropologica a proposito della polemiche puntualmente esplose sulla questione del monumento alle vittime del 1943, e francamente, non mi sento di dargli torto. “Un Comitato di cittadini decide di ricordare degnamente i morti dei bombardamenti del 1943 con un monumento – scrive Valerio -. Per tali ragioni si raccolgono fondi. Paradossi foggiani! Per un Monumento che si dovrebbe erigere contro la guerra , si scatena una “guerra” mediatica. Siamo fatti così. Molto probabilmente nella nostra popolazione vi è un problema di natura antropologica…”
La guerra mediatica cui Valerio si riferisce è quella partita contro il Comitato che si sta adoperando per reperire i fondi necessari per la realizzazione del monumento, presieduto da Alberto Mangano, e che ha scelto il progetto di Salvatore Lovaglio, docente dell’Accademia di Belle Arti di Foggia ed esimio scultore, autore, tra l’altro, della splendida colonna monumentale che si trova nel piazzale della stazione di Lucera, commissionata dall’amministrazione comunale della cittadina aveva, in occasione del terzo millennio (nella foto).
Le critiche riguardano il fatto che il Comitato abbia scelto “unilateralmente” l’artista e il soggetto. E che avrebbe dovuto fare? È appena il caso di sottolineare che il Comitato è assolutamente privato, costituito da cittadini di buona volontà che si stanno adoperando per colmare questa inaccettabile lacuna e che come tale, non ha alcun obbligo per quanto riguarda le modalità di selezione dell’artista. Saranno i cittadini ed i contributori a giudicare.
Se la mia opinione vale qualcosa, sono molto contento del rapporto nato tra il Comitato e Salvatore Lovaglio. Nessuno ha riflettuto sul fatto che le celebrazioni del settantesimo anniversario abbiano fatto scoccare la scintilla dell’ispirazione artistica, e che il monumento avrà una firma d’autore.
Resta l’amarezza per la guerra mediatica stigmatizzata da Valerio.
II settantesimo anniversario della tragica estate del 1943, che costò la vita a migliaia di concittadini avrebbe dovuto essere un’occasione d’oro per mettere da parte ogni polemica, e attraverso la memoria e il ricordo di quegli eventi, lavorare tutti insieme per ricostruire l’identità spezzata. Avrebbe dovuto essere – e speriamo lo diventi – l’occasione per cominciare a scrivere tutti assieme una public history della città, a cominciare da quella cesura della storia così lacerante e dolorosa.
Questo buco di memoria è reso evidente proprio dalla mancanza di un monumento che, ricordando, ammonisca sull’assurdità di ogni guerra, sulla necessità inderogabile della pace. Le iniziative del Comitato dovrebbero sostenere una più diffusa solidarietà. Per sbugiardare una volta per tutte quel proverbio che sembra un marchio d’infamia, quel luogo comune che vuole che il foggiano non sa fare, non vuole fare, non vuol far fare.
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