Ricordando la tragica estate del 1943, lo struggente omaggio a Foggia di Sir Joman

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Una delle più belle commemorazioni della tragica estate del 1943 a Foggia è quella pubblicata dalla rivista della biblioteca provinciale di Foggia, “La Capitanata”. Scritto in stile di elzeviro, l’articolo – di rara pregnanza letteraria – compare nella prima parte del volume datato 1963, dunque in occasione del ventesimo anniversario dei bombardamenti: quando le ferite lasciate dalla guerra non si erano ancora del tutto rimarginate, e restava vivido il ricordo, nei sopravvissuti, degli orrori della guerra.
Il pezzo è firmato con uno pseudonimo – Sir Joman – ma del (possibile) autore dirò meglio dopo. Il titolo, scarno e semplice, “un saluto a Foggia” ben delinea l’obiettivo dell’autore: rendere omaggio alla città così duramente colpita, esaltando però la sua identità, i suoi figli migliori, additando prospettive di riscatto e di rinascita, che restano ancora oggi di straordinaria attualità. L’incipit si collega all’occhiello, che recita: “Vent’anni da allora”, ed è veramente un attacco di rara intensità. Sir Joman usa i versi di Umberto Fraccracreta, per collocare nel tempo e nello spazio il suo omaggio al capoluogo dauno.
……« allora » : quando fu allora ?
Un pianto nella notte / scorre qual nero fiume, / sotto l’argentea / tempesta delle stelle;  / nenie di femmine, / grido di mamma / in una casa scura, / senza morto e senza lume.


Umberto Fraccacreta, “Mistral del Tavoliere “, aveva già levato per tutti la protesta, anticipando la rivolta, auspicando la pace. Non combatteva con la spada, sempre vittoriosa, della universale e immortale Poesia? La sua voce non era di menestrello, ma di uomo libero e fedele: per questo superò il muro della indifferenza e della diffidenza.
Ecco unirsi a lui un altro poeta, sergente nella RAF, John Gawsworth, al quale piaceva farsi fotografare con un mazzolino di vischio: il simbolo della ” non violenza “. Egli offrì un omaggio qualificato alla Puglia, svelatasi giusto allora nella radice scoperta dalla guerra
Tu piangevi ogni città distrutta, / i villaggi dove la carestia strisciando ha spento / le native canzoni nel cuore del tuo popolo… /
Ma non è questo tutto quanto voleva donarle quel sognatore, trasvolante all’infinito, come le rondini di Umberto. Con la sua avventura umana e poetica attraverso l’amore per la Gradogna, cantò l’Italia, la Puglia, Foggia:
Green Adriatic eyes : hair like combed flax, / gold as Apulian corn on Foggia palin…  / She is the Italy of a vernal heart / that slumbered blossomless an age too long…


A tradurre i versi citati da sir Joman fu proprio Umberto Fraccrecreta, che curò assieme a Mario Simone (di cui dirò meglio dopo) la pubblicazione di una raccolta di sonetti del grande poeta inglese, che si trovò nel Tavoliere durante l’occupazione militare degli alleati: Verde Adriatico i suoi occhi, pettinato lino i capelli / d’oro come il grano di Puglia sulla piana di Foggia / Lei è l’Italia d’un cuore primaverile / che troppo a lungo dormì senza fiore.
Sir Joman vede proprio nella poesia l’indizio della rinascita di Foggia: “Quali pensieri acuti e sentimenti nobili guadagnati da codesta terra, dopo che fu  tanto percorsa dal fascismo e dalla guerra!”
A corroborare la speranza in un futuro migliore c’è la consapevolezza e l’orgoglio della identità, che Sir Joman affida al ricordo di tre grandi figli di Foggia e della Capitanata, come lo stesso Fraccracreta, Umberto Giordano e Fiorello La Guardia.
E non le mancò nemmeno Fiorello la Guardia (si sarebbe potuto forse giustificare la sua contumacia?) : « Difendete i vostri diritti, così come avete combattuto per la vostra liberazione! ». Se l’eccelso maestro Giordano succhiò l’humus delle severe maggesi e dei mandorli ridenti, possiamo dire che il rampollo del trombetta foggiano si stagionò alla prima scuola aviatoria su lo stesso Tavoliere.
Il ricordo di Foggia attinge questi tre Uomini (io li conobbi da vicino) perché risale i vent’anni, che si compiono questo settembre, da allora. E fa tanto piacere scriverlo adesso, che il pensiero s’insinua tra i grumi del passato. Esso è trepido, come era la mano frugante nelle rovine della vostra città, per disseppellire quelle orribili cose giudicate, che sono i frutti di ogni guerra, di qualsiasi, tipo ed età.

Il resto è un suggestivo viaggio letterario nella Foggia degli anni Sessanta: quella Foggia che alternava le piaghe lasciate dalla guerra alle speranze di riscatto e di rinascita.
Dove si trova incorporata la Cavalleria, quel cortile dugentesco, di fianco al Cavalcavia, oltre il quale avete lanciato fabbriche e ville lungo la via di Manfredonia, quasi a congiungervi col mare? Sopra e dintorno al cubetto di tufi, tal quale i bombardamenti ridussero la stazione della ” Bologna meridionale”, insiste uno dei più autorevoli monumenti della nuova edilizia democratica. Questo ben si ammira di lontano, ma pochi sanno che in quel transito internazionale, quasi ad onorare i viaggiatori innocenti e sacrificati, si annuncia il vostro buon costume, che lascia ammuffire le guardie del presidio.
Si celebra, invece, la Repubblica su l’antico Piano delle Fosse. La via che le s’intitola non è rue, strasse, street e i palazzi nuovi che la formano hanno schivato l’allineamento rettilineo, manifestando che il conformismo è finito. Mi piace di più, anche se gli urbanisti possono essere di parer contrario. Vedo in essi una individualità…compromettente, foriera di sviluppi originali.
Via della Repubblica costeggia un INCIS divenuto famoso nella topografia storica, anche se non come il Ghetto di Varsavia. Tommaso Fiore vi ha maledetta la guerra ed esaltata la virtù endogena dei Foggiani (bene vi starebbe una lapide).
Questa ammirazione vale anche per il Borgo Scopari. Lo avete sventrato per farvi passare il Padre Dante tra la doppia fila dei portici; una via congeniale, come si dice con frase ricercata. Nell’area abbacinante di Puglia Piana essa è come un tubo di ombra e di silenzio.
Lì vicino risalutiamo la storica Dogana, che accolse la giustizia militare alleata e fu il meeting dove si scontrarono e meglio si conobbero uomini di tanti paesi e oggi si esercita la nuova Democrazia e Vi giunge questo saluto, in nome degli Ideali che ci uniscono da allora.

La conclusione dell’articolo lascia pensare che, in effetti, Sir Joman fosse un esponente degli eserciti alleati che occuparono Foggia. Ma le cose potrebbero non essere proprio così.
Cosa e come dire della grande esperienza che venne, credo a tutti, dalle prove sofferte in quella vita approssimativa durante l’A.M.G. (Alleato Militare Governo) e poi con la C.C. (Commissione Controllo)? Soltanto questo: che non ci conoscemmo abbastanza, per liberarci delle prevenzioni e della conseguente esitanza, e risolvere con migliore giustizia i rapporti tra gli ospiti e gli ospitanti. Il nostro linguaggio ufficiale non fu sempre disteso e per tutti comprensibile. E poi si sarebbe dovuto continuare il discorso, non conchiuso dall’esodo militare, tanto più che continuava un dialogo privato, per i rapporti di parentela e di amicizia, che si stabilirono tra Foggiani e Inglesi e Americani. Anche prima che in codesta città, nei campi di prigionia, essi non collaborarono, forse, per la verace Europa?
Ma dove vado a finire? che la vostra, e anche nostra città è uscita dalla visuale di rovina in cui si offrì alla pietosa matita degli amici Schingo e Fatigato e alla mia penna vendicatrice; che ha saputo guadagnare gli anni perduti, anche se il suo sviluppo appare senza un piano bene ordinato.
Io non so quanti errori abbia potuto commettere con questi pensieri al vento. Ma ve li mando lo stesso, quali sono arrivati alla carta, semplici e schietti, come l’amore che li ha dettati e come il Popolo al quale sono dedicati.

Segue la firma, che è appunto Sir Joman, ed un’avvertenza che potrebbe nascondere in realtà un delizioso ed intrigante trabocchetto: “Traduzione di Mario Simone”
Sulle prime ero stato tratto in inganno, ed avevo effettivamente attribuita la paternità del bellissimo elzeviro  a un qualche intellettuale di origine americana o anglosassone, che si fosse trovato nei pressi di Foggia durante la guerra. Potrebbe anche essere, ma nell’articolo si legge un indizio rivelatore che rende quanto mai improbabile, anche dal punto meramente statistico, una ipotesi del genere: l’autore afferma, infatti, di aver conosciuto personalmente sia Umberto Giordano che Fraccracreta o La Guardia. E viene poi citato Fiore.
Lo pseudonimo di Sir Joman compare un’altra volta negli annali de “La Capitanata”, e guarda caso a proposito di un evento assai contiguo a quell’universo culturale e letterario che traspare dal Saluto a Foggia. Si tratta di un breve articolo che celebra il ricordo di Umberto Fraccracreta, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa.
Anche in questo caso, dopo la firma e lo pseudonimo, c’è un indizio che è però in questa caso decisamente rivelatore: “La bibliografia del Fraccracreta, a cura di Mario Simone, che propose e diresse le onoranze, curò e lanciò le edizioni – vi si legge –  appare nella seconda parte di questa rassegna, dedicata al bollettino della Biblioteca Provinciale.”
C’è qualcosa di borgesiano, in questo intrecciarsi di note depistanti, che hanno però una presenza in comune, quella di Mario Simone, straordinario intellettuale che animò la scena culturale della Capitanata dalla caduta del fascismo, del quale fu un tenace anniversario, fino agli anni Settanta. Simone fu l’anima della rivista “La Capitanata” e credo che dietro lo pseudonimo di Sir Joman si nasconda in realtà proprio Mario Simone. Trasformando la J dello pseudonimo in una I e anagrammandolo si ottiene MarioSim.
L’intensità, la passione civile e culturale, l’ardore che sorregge la struggente commemorazione sono tipici di questo grande personaggio che fu tra l’altro amico personale dei poeti e degli scrittori citati nell’articolo, Fraccrecreta, Gawswort e Fiore..

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Author: Geppe Inserra

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