Dove conducono le discussioni sul social network? Sono utili? Riusciranno a produrre quel reale cambiamento vagheggiato un po’ in tutti gli interventi, e a migliorare la politica, così come tutti speriamo? Nessuno ha la risposta bell’e pronta in tasca. Ma per cercare di fare in modo che sia affermativa, non c’è che un metodo: non nascondere la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi; continuare a riflettere, a discutere, a confrontarsi. E soprattutto non cadere nella trappola dell’antipolitica, non indulgere al pregiudizio e alla diffidenza verso la politica.
Dei partiti, di molti degli attori politici degli ultimi anni si può dire tutto il male possibile, e spesso a giusta ragione, ma non per questo si può rinunciare alla politica che è costruzione della polis. Farlo significa abdicare alla costruzione del futuro.
Ragionare di politica (di come costruire, insieme, la polis) è anche un modo per estirpare il qualunquismo e produrre opinione pubblica, cultura civile.
Il deficit di opinione pubblica (ovvero la scarsa capacità della società civile di pensare con la propria testa e di maturare un giudizio, un pensiero sullo status quo) viene indicata come una delle cause più importanti del ritardo del Mezzogiorno. Onestamente, non condivido la demonizzazione della politica che spesso affiora anche i gruppi del social network molto attenti alla dimensione civica. Di conseguenza, ben venga tutto ciò che contrasta questa tendenza, e che serve a produrre e a far circolare idee.
La partecipazione al confronto sui rapporti tra la provincia di Foggia e la Regione Puglia che ha in questi giorni acceso lo spazio riservato ai commenti di Lettere Meridiane, la passione che traspare dalla stragrande maggioranza degli interventi, perfino dai più polemici sono tuttavia un indizio confortante. Il rischio che si corre su facebook e sul social network in generale è quello di scadere nella rissa verbale, nella polemica gratuita, e fine a se stessa. In questo caso, però, il pericolo è stato esorcizzato proprio dal calore e della passione civile.
Altrettanto interessanti sono i commenti al post Quando c’è l’opinione pubblica, ritorna la buona politica, nel quale cercavo di trarre un primo bilancio dal dibattito, sottolineando come dal confronto fosse emerso un diffuso desiderio di non stare più alla finestra, di impegnarsi in prima persona e come questo desiderio di contare, di partecipare alle scelte che pesano, possa essere una importante occasione per migliorare la politica, producendo della buona politica, ciascuno all’interno del proprio partito, o movimento, o associazione e sconfiggendo l’antipolitica fine a se stessa.
Dario Galante (Siaatip Anestesia Pediatrica) scrive, in proposito: “Ottimo commento Geppe, hai centrato il problema, peraltro non è più tempo di alibi o di nascondersi dietro le solite frasi fatte (che poi appartengono alla politica del “tanto prima o poi qualcuno ci pensa a questo o quel problema”). Ci dobbiamo mettere la faccia, le idee e la volontà di cambiare. La percezione che siamo ad una svolta non è solo pallida illusione.”
Michele Dell’Edera invece commenta: “Concordo, l’antipolitica non serve… Serve una politica con ricette nuove e diverse dal passato per la nostra terra e il nostro sud.”
Apprezzo molto anche il contributo di Michele Pietrocola che scrive: “Questo vento nuovo, a volte anche impetuoso, ha scompaginato molte posizioni arroccate da decenni sullo stesso strapuntino. È visibile, anzi, si sente, sia a livello nazionale che locale. Con la dovute differenze. L’antico modo di incedere del foggiano non è pressoché cambiato. Ci sono solo più persone che si interessano, vogliono partecipare,vogliono contare, come accennavi Tu, Geppe. Ma, frequentando sia per diletto ma anche per professione, i social ed i forum cittadini, si nota, anche ad un occhio non particolarmente attento, che l’incedere è ancora quello. È ancora aggrappato al lamento sterile, alle solite frasi fatte sulla nostra cittadinanza, allo scoramento ed all’indolenza che ci ha caratterizzato negli ultimi decenni. Portare il livello della discussione che coinvolge dal 10% al 15% non sposta di molto l’ago della bilancia. È pur vero che è, comunque, un gran risultato. È su questo “sentimento” che si dovrà lavorare negli anni. Ma chi crede che questo nuovo vento spazzerà di colpo tutto il marcio, tutta l’apatia, beh……si sbaglia di grosso. Con questo “nuovo scenario” di super-crisi i “nuovi ricatti” sul lavoro faranno, come sempre, il loro sporco dovere. Ognuno non deve mai sentirsi escluso dalla vita cittadina, dal cambiamento, dalla buona politica. Ma la strada è lunga. Ed irta. Perché dico così? Perché sento in giro un’aria di “la vecchia politica foggiana ha i giorni contati”. Sarebbe l’errore più grande. Si può e si deve tornare al confronto, all’interesse sincero ed unico per il bene della città, lavorando, facendo partecipare,informando. Ma, anche, non abbassando mai la guardia verso gli squali in doppiopetto.”
Concordo. Ma proprio per questo, per evitare che prevalgano i gattopardi di sempre o – come li definisce Pietrocola – gli squali in doppiopetto non bisogna rinunciare a fare politica.
Michele Lauriola, promotore e fondatore di Pro Capitanata, esprime in un lungo ed articolato commento un certo scetticismo sulla possibilità che basti l’opinione pubblica a produrre buona politica (ma non avevo detto questo, né lo penso: la mia tesi è che senza un’opinione pubblica consapevole non può esserci buona politica, che il pensiero comune, la circolazione delle idee siano, insomma, una precondizione per l buona politica).
Ecco quanto scrive Michele Lauriola. “Non basta l’opinione pubblica per una buona politica. Il dibattito, sollevato dal sindaco Angelo Riccardi e da Enrico Ciccarelli sul problematico rapporto tra la Provincia di Foggia e la Regione Puglia, meri punti di vista divergenti o convergenti al pari di tanti altri sui quali si dibatte e si continua a dibattere senza arrivare alla “concretezza”. Napolitano, dice bene, quando sostiene che le difficoltà in cui versiamo, è “il non aver capito abbastanza, da parte delle classi dirigenti, che il mondo stava cambiando e si doveva fare i conti con questo processo di trasformazione che poi ha preso il nome di processo di globalizzazione”. Le comunità della Capitanata hanno bisogno di azioni politiche radicali e incisive in grado di stimolare quelli, che forti della propria cultura e capacita’, a forme di aggregazioni discrete per sostenere i territori a crescere in modo equilibrato e sostenibile.
“Un percorso da affrontare”, come ammonisce il Presidente della Repubblica, essendo “più uniti e più integrati di prima se no – scandisce bene – si rischia di essere sommersi dal processo di globalizzazione, di perdere peso in modo drastico, di avere una voce sempre più flebile”.
Questa prospettiva deve animare i dibattiti sulla politica affinché le persone diano il giusto peso ai partiti, ai movimenti politici e culturali e ai politici.
Occorre creare una maggiore integrazione e unità tra i cittadini. Lavorando insieme – è la chiosa del Capo dello Stato – bisogna non solo formarsi insieme ma creare anche spazi di ricerca e di occupazione comune”. C’è “una grave forma di impoverimento spirituale, culturale” che e’ possibile colmare solo facendo sistema a tutti i livelli portando avanti nuove proposte di scelta dei politici. Allora perché non pensare a delle primarie all’americana.”
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La politica sui social network? bella domanda…
Faccio una breve premessa che poi mi aiuterà per qualche considerazione finale. Quando internet non esisteva c'era il confronto fatto da uomini e donne, quel confronto animato, verbale, fatto di passione e di partecipazione reale. Ora con l'avvento di internet la passione si è trasformata un 'tuttologia', nella voglia di parlare di tutto senza che spesso ci sia stato un minimo di informazione sull'argomento che si sta discutendo. Si pensa che basta fare una breve ricerca su google per sapere…e invece, a mio modesto avviso, il sapere è quello che ti arriva dal confronto quotidiano con gli altri, anche con l'uomo della strada.
Fatta questa premessa cerco di dare una risposta a questo dilemma dei social network.
Mi viene subito in mente l'avvento del M5S, una vera iattura per la politica italiana perchè ridicolizzano tutto con la storia dell'uno vale uno e che tutto può essere deciso in rete o con una consultazione della rete. E ci si dimentica che poi dalla rete arrivani i rischi di 'contaminazione' che rendono distorta la realtà che ogni singolo vive quotidianamente. Ecco perchè credo che la dibattere di politica sui social network non aiuta il singolo a crescere, ma appaga solo l'ego di chi scrive.
La politica sui social network è una sorta di castrazione del ragionamento di ognuno di noi…la parola, le espressioni, le idee non si possono certo ridurre a faccine e smile….
I social network aiutano semplicemente a ridurre le distanze tra gli uomini ma poi è il confronto fatto faccia a faccia che ci aiuta a comprendere e spesso a capire che qualche volta siamo sulla strada sbagliata….Com'era bella la politica quando c'erano le sezioni di partito dove ci si confrontava e ci si arricchiva a vicenda. E invece ora ci siamo ridotti ad utilizzare i social network che sono solamente degli 'sfogatoi'…..Massimo.