Raffaele De Seneen e Romeo Brescia si stanno specializzanfo in un genere, il photojournalism, molto praticato oltreoceano ma ancora scarsamente diffuso dalle nostra parti. Si tratta di raccontare storie attraverso lo scorrere di fotografie (o anche immagini in movimento). La narrazione fotografica è particolarmente accattivante e intrigante quando, ad esempio, si tratta di mettere assieme immagini d’archivio e foto che si riferiscono al presente: dove l’immagine in movimento, la tradizionale ripresa con la videocamera, può a volte appiattire la narrazione, il ricorso all’immagine fissa può dare alla storia una insospettabile profondità.
Ed è quanto avviene spesso nelle opere di De Seneen e Brescia, che utilizzano questa tecnica per recuperare pezzi importanti di memoria e di passato alla storia della città, restituendoli così all’identità foggiana.
Nonostante l’amicizia e la stima che mi lega ad entrambi, sono così schivi e poco propensi all’autopromozione che nemmeno m’informano delle novità. Meno male che c’è quell’inesauribile cercatore di cose buone e belle sul web che è Domenico Sergio Antonacci, con il suo blog Amara Terra Mia, sennò mi sarebbe sfuggito il bellissimo fotodocumentario Foggia a due ruote in cui De Seneen e Brescia raccontano, probabilmente sottraendola all’oblio del tempo che passa inesorabile, la storia della Cicli Apulia, una fabbrica foggiana di biciclette che è stata attiva nel capoluogo dauno dagli inizi del secolo scorso fino alla prima metà degli anni Settanta.
Una bella storia, che getta un velo di nostalgia e di rimpianto sulla mai decollata passione per le due ruote in quella Foggia che, come annota De Seneen è una delle città italiane “potenzialmente più ciclabili”.
L’idea del cortometraggio è nata quando Raffaele e Romeo, sempre attenti a scrutare le tante storie che Foggia ha da raccontare, se la si guarda con l’occhio della memoria, hanno guardato con questo sguardo il monociclo appeso davanti all’officina, in via Arpi, di Fabio Matrella, uno degli ultimi meccanici che si dedica alla riparazione delle bici.
Matrella è figlio d’arte. La stessa attività svolgeva suo padre Salvatore (che ancora oggi dà una mano al figliolo: lo si vede nelle immagini di Romeo Brescia mentre ricostruisce una preziosa Bianchi). Ha appreso il mestiere da suo nonno, Giuseppe, che aveva l’officina in via Santa Maria della Neve.
L’intervista a Salvatore rivela a De Seneen un insospettato passato di lavoro e corse amatoriali nelle quali spiccava un campione, Francavilla, detto “spezzacatena” perché quando si alzava sul sellino per sprintare aveva una potenza tale nella spintata coi piedi che spessa faceva saltare la catena.
Ma ad incuriosire di più De Senen è la scoperta che Salvatore e suo padre Giuseppe si approvvigionavano dei pezzi di ricambio “andandoli a prendere alla fabbrica.”
Ma come, a Foggia esisteva dunque una fabbrica di biciclette? Colpito dalla scoperta inattesa, Raffaele ha un colpo di fortuna. Seduto al tavolino del bar, prendendo un caffè, conversa di quanto ha scoperto con un amico, Giuseppe “Bepi” Martucci, egli stesso appassionato di storia e di tradizione. Apprende così che è proprio l’amico Martucci l’ultimo erede della famiglia che fondò e gestì la fabbrica di biciclette e che, come l’opera di De Seneen e Brescia ha finalmente acclarato, ha dato il nome al rione periferico.
A questo punto del racconto, Foggia, bicicletta e territorio si fondono e si confondono. La storia porta diritta alla fabbrica di biciclette Apulia dei Martucci.
La famiglia Martucci si trasferì a Foggia sul finire dell’Ottocento. Il capostipite Michele, ferroviere originario di Fasano, era trasferito per ragioni di lavoro a Foggia, presso quello che stava per diventare il polo ferroviario più importante del Sud Est.
Morto alla veneranda età 108 anni, Michele e sua moglie misero al mondo ben ben nove figli, ed è uno di loro, Francesco, che agli inizi del Novecento apre a Foggia l’azienda che è stata non solo officina, ma anche una vera e proprio fabbrica di biciclette, e ad alto livello.
Il fodocumentario mostra alcuni attestati della partecipazione, con relativo conferimento di un premio, alla Esposizione internazionale di Torino nel 1911.
La fabbrica ha la sede iniziale in via Galliani. Qualche dopo dopo, attorno al 1930, ai vertici dell’azienda al fondatore, subentra il fratello Giacomo che trasferisce l’opificio in aperta campagna, dopo il sottovaso di via Scillitani, realizzando annessa allo stabilimento una bella villa.
È il primo nucleo del Quartiere Martucci che nacque a seguito dello spirito filantropico di Giacomo, che e gala appezzamenti di terreno ad operai e conoscenti, che edificano le loro casupole nei presi della villa.
La Cicli Apulia chiuderà i battenti all’inizio del decennio Settanta. La sua memoria sopravvive grazie a Giuseppe Martucci, che custodisce gelosamente in una sorta di museo casalingo quanto resta di quell’attività, i cui reperti sono stati brillantemente immortalati da Raffaele De Seneen e da Romeo Brescia nel prezioso fotodocumentario, disponibile su You Tube a questo indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=xz5LzjLdOkY
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grazie!
gran bel lavoro, la memoria del nostro passato non deve scomparire; grazie per averci dato testimonianza del lavoro e dei personaggi di Foggia. Nino Russo