Enrico Ciccarelli è uno dei non molti giornalisti foggiani
su cui sarei disposto a scommettere che, se avessero scelto di andarsene,
sarebbero oggi grandi firme di qualche importante testata nazionale. Ha scelto
di restare, e dobbiamo essergliene grati perché ha una bella testa pensante, che
aiuta la comunità a pensare, e sorregge quel processo di formazione della
opinione pubblica che è critico dappertutto, ma dalle nostre parti di più.
su cui sarei disposto a scommettere che, se avessero scelto di andarsene,
sarebbero oggi grandi firme di qualche importante testata nazionale. Ha scelto
di restare, e dobbiamo essergliene grati perché ha una bella testa pensante, che
aiuta la comunità a pensare, e sorregge quel processo di formazione della
opinione pubblica che è critico dappertutto, ma dalle nostre parti di più.
Di noi che per mestiere abbiamo scelto di raccontare la vita
che si dipana attorno a noi, e che abbiamo scelto di restare, Enrico è anche il
meno provinciale, nel senso che è il più attento a non cadere nel rischio del
localismo e del populismo. Ma non per questo si può dire di lui che non ami
questa terra. Come componente del consiglio di amministrazione dell’Apulia Film
Commission ha dato eccellenti prove di sapere – come dire – difendere gli
interessi del territorio, senza cadere nella trappola delle rivendicazioni fini
a se stesse. Se il terzo cineporto pugliese riuscirà a vedere la luce, a
Foggia, gran parte del merito sarà suo e della buona rete di relazioni che è
riuscito a tessere attorno al progetto.
che si dipana attorno a noi, e che abbiamo scelto di restare, Enrico è anche il
meno provinciale, nel senso che è il più attento a non cadere nel rischio del
localismo e del populismo. Ma non per questo si può dire di lui che non ami
questa terra. Come componente del consiglio di amministrazione dell’Apulia Film
Commission ha dato eccellenti prove di sapere – come dire – difendere gli
interessi del territorio, senza cadere nella trappola delle rivendicazioni fini
a se stesse. Se il terzo cineporto pugliese riuscirà a vedere la luce, a
Foggia, gran parte del merito sarà suo e della buona rete di relazioni che è
riuscito a tessere attorno al progetto.
Enrico ha sempre fermamente odiato le sterili e continue
lamentazioni che indussero il governatore pugliese Nichi Vendola a coniare il
termine foggianesimo, ben comprendendo che in un’economia ormai globalizzata,
lo sviluppo e il futuro sono sempre di più una questione di relazioni ampie,
che la sfida si vince guardando e andando oltre se stessi.
lamentazioni che indussero il governatore pugliese Nichi Vendola a coniare il
termine foggianesimo, ben comprendendo che in un’economia ormai globalizzata,
lo sviluppo e il futuro sono sempre di più una questione di relazioni ampie,
che la sfida si vince guardando e andando oltre se stessi.
Tutti temi di cui Lettere Meridiane si occupa spesso e che
danno la stura anche a confronti interessanti tra i lettori. In una di queste
recenti discussioni, Ciccarelli ha lasciato un commento che sintetizza con una
straordinaria efficacia alcuni aspetti critici della foggianità (quelli, per
intenderci che poi sfociano nel foggianesimo). Un foggiano che ha deciso di
restare che riflette, senza pregiudizi e con lucidità, sui mali sottili dell’essere
cittadini nella periferia dell’impero.
danno la stura anche a confronti interessanti tra i lettori. In una di queste
recenti discussioni, Ciccarelli ha lasciato un commento che sintetizza con una
straordinaria efficacia alcuni aspetti critici della foggianità (quelli, per
intenderci che poi sfociano nel foggianesimo). Un foggiano che ha deciso di
restare che riflette, senza pregiudizi e con lucidità, sui mali sottili dell’essere
cittadini nella periferia dell’impero.
“Rileggendo la discussione – scrive Ciccarelli -, l’ho
trovata una perfetta sintesi di due modelli forti del discorso pubblico foggiano:
altrovismo e benaltrismo. L’altrovismo è la costante evocazione di un altrove,
di un immaginario luogo alieno dove tutto è meglio, la classe dirigente è
competente, la prosperità si tocca con mano ed ogni cosa funziona ad un diverso
livello. “
trovata una perfetta sintesi di due modelli forti del discorso pubblico foggiano:
altrovismo e benaltrismo. L’altrovismo è la costante evocazione di un altrove,
di un immaginario luogo alieno dove tutto è meglio, la classe dirigente è
competente, la prosperità si tocca con mano ed ogni cosa funziona ad un diverso
livello. “
“Nell’altrovismo, tipico delle piccole realtà di provincia –
si legge ancora nel commento – , il luogo di nascita o residenza, in questo
caso Foggia, diventa il concentrato di tutti i possibili mali, l’inferno dello
spirito e del corpo. la soffocante prigione dalla quale si cerca di evadere (e
questo atteggiamento non è contraddetto, ed anzi rafforzato dall’accostamento a
questo anatema di un’altrettanto immaginaria eccellenza più o meno misconosciuta
o perduta). Il benaltrismo è il rifiuto programmatico di qualunque approccio di
merito ai problemi e il loro inserimento in un “quadro generale
mitico” in base al quale “il problema è ben altro”. Rileva poco
se l’argomento-feticcio sia un’improbabile fabbrica di nuovi assetti
istituzionali e territoriali, l’apocalittica eradicazione dell’intera classe
dirigente, il vagheggiamento di ucronie come la restaurazione neoborbonica. Il
dato unificante è il meccanismo-rifugio.”
si legge ancora nel commento – , il luogo di nascita o residenza, in questo
caso Foggia, diventa il concentrato di tutti i possibili mali, l’inferno dello
spirito e del corpo. la soffocante prigione dalla quale si cerca di evadere (e
questo atteggiamento non è contraddetto, ed anzi rafforzato dall’accostamento a
questo anatema di un’altrettanto immaginaria eccellenza più o meno misconosciuta
o perduta). Il benaltrismo è il rifiuto programmatico di qualunque approccio di
merito ai problemi e il loro inserimento in un “quadro generale
mitico” in base al quale “il problema è ben altro”. Rileva poco
se l’argomento-feticcio sia un’improbabile fabbrica di nuovi assetti
istituzionali e territoriali, l’apocalittica eradicazione dell’intera classe
dirigente, il vagheggiamento di ucronie come la restaurazione neoborbonica. Il
dato unificante è il meccanismo-rifugio.”
Condivido, e ringrazio Enrico per l’eccellente contributo.
Resta a mio avviso centrale il problema dell’opinione pubblica. Come insegnava
Habermas, un’opinione pubblica (di qualità, e perciò in grado di scegliere
consapevolmente e governare il proprio destino) non si forma per grazia ricevuta.
Viene innescata da meccanismi complessi di partecipazione alla vita collettiva,
di discussione e di confronto. Sono contento che Lettere Meridiane riesca,
qualche volta, ad essere uno dei luoghi in cui questi meccanismi hanno modo di
rivelarsi, come testimonia il bell’intervento di Enrico Ciccarelli.
Resta a mio avviso centrale il problema dell’opinione pubblica. Come insegnava
Habermas, un’opinione pubblica (di qualità, e perciò in grado di scegliere
consapevolmente e governare il proprio destino) non si forma per grazia ricevuta.
Viene innescata da meccanismi complessi di partecipazione alla vita collettiva,
di discussione e di confronto. Sono contento che Lettere Meridiane riesca,
qualche volta, ad essere uno dei luoghi in cui questi meccanismi hanno modo di
rivelarsi, come testimonia il bell’intervento di Enrico Ciccarelli.
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Sono ovviamente in debito di molti caffé al mio amico e collega Geppe, il cui lavoro mi e ci arricchisce sia quando lo condivido che quando ne dissento; i complimenti fanno molto piacere anche quando sono immeritati. Devo dire che proprio la mia esperienza in seno all'Apulia Film Commission mi fa considerare spesso pretestuose e immotivate alcune lamentele che vengono dal territorio della Capitanata. Segnalo due questioni: la scarsissima intraprendenza progettuale (partecipano ai bandi della nostra Fondazione pochissimi progetti filmici, grandi o piccoli che siano, ambientati in Capitanata), e la rissosità endemica che, frammentando in modo ossessivo le iniziative, taglia le gambe a qualsiasi ambizione vada un po' oltre l'iniziativa individuale. Non mi pare che sia un'esclusiva del mondo del cinema, anzi! Direi che vi si vede riflessa, con punte di particolare parossismo, un carattere meridionale tipico. Lo stesso vale per la natura autoreferenziale delle istanze. Prendiamo la certezza assoluta che la Regione Puglia "ci maltratti". Io sto seguendo da poco per ragioni professionali l'attività del nuovo assessore al Bilancio, Leonardo Di Gioia. Qualcuno si è accorto che la Regione Puglia si accinge a fare un investimento di circa venti milioni di euro per donare all'Università la Caserma Miale? È pervenuta la notizia che il dipartimento d'urgenza del Policlinico di Foggia è finanziato con SESSANTA MILIONI di euro? È stato registrato il finanziamento di 2,5 milioni di euro votato all'unanimità dal Consiglio Regionale per il DIpartimento Interateneo di Ingegneria? Si è preso nota dello stanziamento di VENTIDUE MILIONI DI EURO per il dissesto idrogeologico di Marina di Lesina (dove se non erro abitano foggiani, non baresi)? Qualcuno ha dato un'occhiata ai progetti finanziati nell'Accordo di Programma Cipe per i trasporti? Non mi risulta. So che si insiste invece, anche da parte di persone di un certo acume, nella richiesta (folle) di far finanziare dalla Regione i voli dal Gino Lisa, ad un costo per passeggero assolutamente esorbitante (chi vola con Ryanair costa alla Regione Puglia poco più di sei euro; quelli che hanno volato con Darwin ne sono costati cento). Così, non appena un capriccio, l'istanza capotica di un microinteresse o una rivendicazione demagogica non vengono soddisfatte, si dà la stura alla solita idiotissima manfrina sulla Puglia "che si ferma all'Ofanto", su Vendola che dimentica la Capitanata, sulla Mitologia dello Scippo, perenne alimento di una città che conosce solo "stoviglie color nostalgia", per dirla con Guccini. Non dico questo perché non si possano o non si debbano avere doglianze nei confronti dell'Ente Regione o dell'Apulia Film Commission o di chi volete voi: lo dico perché questo è il contrario di un atteggiamento laico e responsabile. È la strategia perdente di chi non si accorge del mondo intorno a sé e adotta l'atteggiamento del servo che impreca o implora a seconda delle circostanze.