[Editoriale pubblicato sul numero di luglio della newsletter del Settore Politiche del Lavoro e del Settore Formazione Professionale della Provincia di Foggia. Qui il numero integrale, per quanti volessero scaricarlo]
Ancora prima che la Consulta dichiarasse l’incostituzionalità della riforma delle Province, dal Governo erano giunti segnali, se non di ripensamento, almeno di un diverso approccio al problema del futuro dell’ente intermedio, e su un tema caldissimo quale il sostegno all’occupazione giovanile e alle politiche attive per il lavoro.
Il piano europeo di contrasto alla disoccupazione giovanile destina all’Italia 1,5 miliardi che si spera di poter spendere subito, tra il 2014 e il 2015, anziché spalmarli sui sette anni di durata del progetto europeo. Ma come?
Si è discusso se far gestire questi finanziamenti ai servizi pubblici per il lavoro oppure a quelli privati e alla fine è prevalsa la prima ipotesi. Ma i servizi territoriali sono attualmente affidati alle Province, destinate comunque alla soppressione, almeno stando alle dichiarazioni programmatiche del Premier e alle dichiarazioni degli esponenti del Governo.
La privatizzazione della gestione dei finanziamenti comunitari, oltre che essere azzardata, sembra improponibile. Come ha spiegato il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell’Aringa, ”l’Italia ha una tradizione modesta nel campo dei servizi per il lavoro, per i quali spende un decimo della Germania, e questo è uno dei mali del Paese”. Più che privatizzare, si tratta dunque di potenziare i servizi pubblici per il lavoro.
“La Germania – ha detto ancora Dell’Aringa – spende in questo campo 5 miliardi all’anno e impiega nel settore 70 mila dipendenti. Noi investiamo nei servizi per l’impiego 500 milioni all’anno, con un personale di 7.000 dipendenti. Il risultato è che in Germania c’è meno disoccupazione e si spende meno per gli ammortizzatori sociali. Su apprendistato, alternanza scuola-lavoro, formazione professionale, l’Italia è agli ultimi posti nelle classifiche dei paesi sviluppati”.
Ma come saranno articolati i nuovi servizi pubblici per l’impiego, visto che la sorte delle Province che ne gestiscono un pezzo tutt’altro che marginale, sembra segnata.
Su La Voce Info, Luigi Olivieri ha posto il problema con molta chiarezza: “Le province sono un convitato di pietra, perché sono loro a gestire direttamente i servizi pubblici, mediante i centri per l’impiego. Se l’intento è potenziare questi uffici, il Governo deve decidere senza più alcun indugio quale ente avrà la titolarità dei centri per l’impiego. Non si può rinviare la questione alle calende greche di una legge costituzionale che abolisca (scelta, per altro, discutibile) le province, perché non sarebbe possibile attivare le azioni in assenza del potenziamento degli uffici, troppo sottodotati in risorse e personale (dieci volte meno della Germania) per poter garantire efficienza.”
Ed ecco il colpo di scena. Le modifiche organizzative ai servizi per l’impiego cui il Ministero sta lavorando riguarderanno più che altro i livelli “alti” della struttura. In basso si punta al potenziamento dei Centri per l’Impiego. E con la partecipazione delle Province. A dirlo è stato proprio il sottosegretario dell’Aringa, che ha parlato di “una struttura di missione del Ministero del Lavoro, con la partecipazione di Regioni, Province, Camere di Commercio e due agenzie ministeriali”, la cui mission sarà proprio “il rafforzamento dei centri per l’impiego”.
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