L’effetto farfalla di Lorenz |
Si dice che il social network sia l’espressione più tangibile della cosiddetta glocalizzazione, ovvero della possibilità di coniugare assieme la dimensione globale di un problema con la sue conseguenza locali (e viceversa). Sarà… ma non mi sembra che funzioni sempre così.
Il popolo della rete insorge per cause lontane migliaia di chilometri (ed è giusto, perché come diceva il poeta John Donne, ogni uomo partecipa all’umanità e perciò ogni campana che suona a morto, suona anche per noi). Però, se cause “piccole” (o almeno percepite come tali) non riescono a finire sotto i riflettori della comunicazione di massa, è difficile che raccolgano proseliti.
È quanto sta accadendo per esempio a proposito della centrale a biomasse che sta per essere costruita a Carapelle. Nell’immaginario collettivo dei foggiani, Carapelle è un luogo piccolo, periferico e distante. Perfino più dell’Amazzonia. Invece no. Sorge a poco più di una decina di chilometri dal centro abitato del capoluogo, è ormai una propaggine della città.
E la notizia che sta per essere costruite da quelle parti una centrale che potrebbe con le sue emissioni inquinare l’aria e la terra di quella porzione del Tavoliere delle Puglie, dovrebbe suscitare se non altro una maggiore attenzione, se non proprio preoccupazione.
Tanto più se poi quella centrale, così come fanno notare i promotori della petizione on line che chiedono il fermo dei lavori, “si colloca a meno di 5km dall’inceneritore di rifiuti ETA spa (Gruppo Marcegaglia), in fase di ultimazione. La provincia di Foggia ha già due centrali termoelettriche a gas naturale (San Severo e Candela), le quali insieme già forniscono una potenza di circa 800MWe. Stessa potenza istallata per la produzione da impianti eolici.”
L’elenco stilano dai promotori della petizione è purtroppo incompleto, perché nel lotto va inserito anche la centrale a biomasse (dovrebbe essere alimentata da sansa, residuo di produzione dell’olio di oliva) in via di ultimazione nell’ex zuccherificio Eridania di Rignano Scalo, in agro di Foggia.
L’appello lanciato dall’associazione di consumatori Polidream-Assoutenti e dal Comitato “No Centrale a Biomasse a Carapelle” scopre comunque il vaso di Pandora. Quanto sta accadendo in materia energetica, e precisamente per quanto riguarda l’installazione di centrali è anomalo. E per giunta si sta realizzando sulla pelle dei cittadini: “Gli impianti previsti – si legge ancora nel post pubblicato sul sito dell’associazione – determinano un’alta concentrazione in un’area relativamente ristretta. Si dovrebbe, pertanto, ricorrere ad una VAS”.
L’acronimo sta per Valutazione Ambientale Strategica, procedura indispensabile da osservare nel caso in cui l’impatto da valutare riguarda non un singolo insediamento ma – come nel caso del Tavoliere – una concentrazione di diverse strutture sul medesimo territorio. È appena il caso di aggiungere che la provincia di Foggia non ha alcun bisogno di produrre energia, anzi, la esporta in quantità impressionante. La Capitanata è – come dicono i tecnici – già un’area in surplus energetico provocato dalla energia prodotta dalle centrali a gas naturale (metano) ed impianti eolici. La Valutazione Ambientale Strategica invocata da Polidream-Assoutenti e dal Comitato “No Centrale a Biomasse a Carapelle” dovrebbe anche tenere presenti gli effetti di cumulo dell’impianto di Carapelle con quelli già insistenti nel territorio: questa valutazione è espressamente prevista dalle direttive europee e sancita da una serie nutrita di sentenze a riguardo (per chi voglia prendersi la briga di consultarle, si tratta delle sentenze C-156/07, C-66/06, C-255/08, C-435/09 emesse dalla Corte di Giustizia Europea).
Ma in Capitanata nulla di tutto questo è successo. Si continua a produrre energia in tutti i modi possibili, senza curarsi delle conseguenze che questo processo sta provocando sul paesaggio, sull’ambiente, sull’economia. Di chi è la responsabilità? Certamente di una classe dirigente abulica, cui da tempo sono sfuggite di mano le redini dello sviluppo. Ma anche di un’opinione pubblica tiepida, quando non disinteressata.
Il post della Polidream comincia con l’eloquente citazione della celeberrima frase che sta all’origine della teoria del caos, ma che legittima anche quella della glocalizzazione. In una conferenza tenuta nel 1972, il matematico si domandò: “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?” Secondo Lorenz può accadere.
Ecco perché dovremmo essere comunque interessati se una centrale che produce emissioni atmosferiche apre i battenti in Brasile. Figuriamoci se poi questo succede a due passi da casa nostra…
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