Sottrarre alla pubblica fruizione un’opera d’arte è un atto di vandalismo. Tanto più grave se l’opera è stata commissionata e pagata dalla pubblica amministrazione e se la rimozione è determinata da (presunte) ragioni di natura estetica, o più precisamente, da improbabili giudizi di valore artistico.
L’ignoto vandalo che qualche mese fa deturpò La Genesi di Jimenez Deredia posta davanti alla nuova sede è prima di tutto un ignorante. Che come tale andrebbe aiutato: nel post di Lettere Meridiane più letto di sempre proponemmo che venisse sottoposto ad un corso accelerato di storia dell’arte.
Il vandalo o i vandali coi colletti bianchi che hanno deciso di rimuovere Ali sospese di Gianfranco Rizzi dal piazzale dell’aeroporto non sono ignoranti nel senso autentico della parola che è il “non sapere”. Ignorante ed ignaro hanno la stessa radice. Per Socrate, il vero saggio è proprio l’ignorante, nel senso di “chi sa di non sapere”.
Ma per i vandali in colletto bianco questo ragionamento non vale. Sono perfidamente ignoranti perché fanno assurgere la loro ignoranza a metro di valutazione, perfino dell’arte. Nessuno ha mai saputo con precisione chi abbia deciso e perché di rimuovere la bella opera d’arte dal piazzale dell’aeroporto. Lo chiarirà la magistratura, cui si sono rivolti Franco Cuttano e gli attivisti del M5S di Foggia che hanno presentato sul misfatto una circostanziata denuncia alla Procura della Repubblica.
Ma circolano in città leggende metropolitane sull’argomento. C’è chi racconta che l’ignoto vandalo avrebbe tolto o fatto togliere l’installazione di Rizzi perché “portava sfortuna all’aeroporto”. Per la cronaca, e per i lettori più superstiziosi, va precisato che l’aver gettato nei rifiuti Ali sospese non sembra abbia granché migliorato le sorti dello scalo foggiano.
Va dato merito a Franco Cuttano e ai suoi amici di aver sottratto al rischio dell’oblio uno scandalo grande quanto un macigno e, per giunta, sotto gli occhi di tutti. In passato già in molti avevano protestato per l’episodio, senza che nulla si muovesse. Ha sempre fatto orecchie da mercante la società aeroportuale della Regione Puglia, Adp, che non ha mai risposto alle proteste della cittadinanza foggiana. Secondo un’altra leggenda metropolitana, un alto dirigente della public company regionale, leggendo delle rimostranze sulla rimozione, avrebbe più o meno testualmente risposto: “Ma che c.…o vogliono questi foggiani?”
Quando l’ignoranza incontra l’abuso di potere, gli effetti sono devastanti.
Ma il peggio è che – nonostante l’impegno di Franco Cuttano (la denuncia è ormai vecchia di alcuni mesi) – le Ali sospese di Gianfranco Rizzi restano ancora laddove furono gettate dopo la rimozione: nell’immondizia.
La scultura (o installazione che dir si voglia: il dibattito tra gli addetti ai lavori è ancora aperto) ha così un valore doppiamente simbolico. Da un lato essa è “carne viva” dell’aeroporto, della sua storia, delle sue possibilità di futuro. Rizzi la realizzò utilizzando i rottami degli aerei da guerra che fino agli anni Settanta ancora erano sparpagliati nel sedime aeroportuale, a simboleggiare come il drammatico passato della città possa trasformarsi in un anelito di pace, e nello stesso tempo, attraverso quelle ali che si tendono verso il mondo), come l’aeroporto possa trasformare il sistema di relazioni della città verso l’altro da sè. [A proposito, lasciatemi lanciare un appello agli amici del Comitato per il Monumento alle Vittime dei Bombardamenti: in fondo le Ali sospese sono già un monumento, di altissimo significato simbolico ed estetico: perché non impegnarsi, tutti insieme affinché, mannaggia, l’opera venga ricollocata nel suo sito originario?]
Ma la scultura di Rizzi è anche il simbolo dell’ignavia foggiana, dei piccoli e grandi scandali quotidiani che ci scivolano addosso, di quella crassa maledetta ignoranza ostentata ed anzi eretta a concezione della vita.
Giovanni Albanese |
Le Ali sospese non sono l’unico caso di opera d’arte oltraggiata dai vandali con i colletti bianchi. Foggia ha un altro gioiello artistico sottratto alla pubblica fruizione: L’Isola della Bella Gente, l’affresco di Giovanni Albanese, artista e regista nato a Bari ma foggiano d’adozione (per alcuni anni è stato responsabile dell’Agenzia per la Cultura di Palazzo Dogana), che venne dipinto negli anni Settanta per adornare i muri della Sala Rosa Palazzetto dell’Arte. Si tratta di un’opera forte, per molti versi provocatoria, ma essa stessa altamente simbolica: la “bella gente” di cui al titolo era rappresentata in realtà dai volti dei protagonisti della cultura italiana. Se la memoria non m’inganna, c’erano Pasolini, Totò, Moravia, Fellini.
Soltanto qualche anno dopo, qualcuno giudicò l’opera troppo provocatoria, aggiungendo che i suoi colori distraevano il pubblico che partecipava alle conferenze. Con un delizioso gioco di prospettiva, Albanese era infatti riuscito a fare in modo che i relatori seduti al tavolo sembrassero essi stessi parte dell’isola della bella gente. Il dipinto voleva essere un omaggio alla cultura italiana del novecento, e implicitamente un riconoscimento dell’importanza della cultura come fattore di futuro per la città.
Nonostante le proteste del direttore del Palazzetto, l’affresco venne coperto da anonimi tendaggi. e successivamente rovinato dai lavori di adeguamento degli impianti tecnologici della sala.
Come amico di Giovanni, ho inutilmente cercato di sensibilizzare l’amministrazione comunale sull’opportunità di restaurare l’affresco, che costituisce d’altra parte uno dei pochi esempi dell’attività di Albanese quale muralista (un altro affresco si trova nella sala consiliare del Comune di Accadia). Ha cercato di far qualcosa, quando era sindaco, Orazio Ciliberti, ma il preventivo di spesa per il restauro scoraggiò ogni possibile iniziativa. Non frequento da tempo il Palazzetto dell’arte, e non so dirvi se nel frattempo sia successo qualcosa, ma temo che nulla sia cambiato.
Sulla tutela e la valorizzazione dei beni culturali, la società civile e l’opinione pubblica cittadina stanno da tempo mostrando un’accresciuta e rinnovata attenzione, grazie anche all’impegno di gruppi del social network come Gli Amici della Domenica, Foggia Creativa, Riaccendiamo Le Idee, di opinionisti come Nico Baratta e Franco Cuttano, di siti come Kunst di Mario Cobuzzi.
Forse è giunto il momento di investire della questione anche le diverse fondazioni culturali.
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Per quanto riguarda l'opera d'arte "sottratta" al piazzale dell'Aeroporto io una proposta ce l'avrei: metterla al posto di quello sconcio di aereo posto vicino alla sede della nuova Provincia.
Per quanto riguarda l'affresco di Albanese io – assessore all'epoca – invano ho protestato per i tendaggi posti a copertura, simili alle mutande poste alle opere pittoriche romane di una certa epoca. Ma il "pudore" spudorato non ha limiti!
I tuoi ringraziamenti sono molto ma molto diretti. La questione de "il volo" è vecchia, quantificabile a quasi 2 anni fa circa, quando all'epoca si pensava che la famosa scultura fosse conservata in un hangar o "scherzosamente" in un giardino di qualche benestante. Però torniamo ai meriti che di certo non sono di un unica persona, almeno che non lo si voglia far apparire più grande di quanto lo è, ma di un gruppo di persone o per meglio dire di un MEETUP 5 STELLE, non di certo spalleggiato dal signore da te menzionato come denunciatore. Geppe, le notizie devono essere dette in tutto e per tutto…ed iio credo di aver detto tutto, saluti.
Geppe Inserra coglie sempre nel segno.
La questione, posta all'attenzione dell'opinione pubblica e della Magistratura dal gruppo di attivisti CINQUE STELLE FOGGIA (primo firmatario Franco Cuttano), è l'emblema di una città e di una classe politica che meritano le nostre attenzioni, nel bene e nel male.
I cittadini sono indignati, è giusto che lo siano, verso le Istituzioni regionali che hanno impedito di rendere veramente operativo lo scalo foggiano. Partire dal monumento "il volo" per restituire alla città di Foggia e alla sua provincia lo storico aeroporto 'Gino Lisa' è cosa buona e giusta.
Abbiamo necessità di tornare a intercettare i flussi turistici in direzione del nostro territorio. Degli squallidi, piccoli "anonimi", incapaci di esprimere contenuti non mi preoccuperei. Non sono neanche giudicabili, semplicemente perché non esistono.
Nunzio Lops – Foggia
"Il Volo", opera d'arte che da piccolo mi rendeva felice, forse perché sapevo che ero all'aeroporto e potevo vedere volare i tanti giganti dell'aria. Un'affascinante momento che ogni bambino ha sognato nel suo mondo fiabesco e che ora noi foggiani non possiamo farlo rivivere ai nostri figli.
Senza entrare nel merito se sia più giusto il "Gino Lisa" o la pista di Borgo Mezzanone, o per assurdo (la solita boutade propagandistica di politici in cerca di voti) quella di Amendola, che tutti sappiamo coperto da vincolo NATO, la stupenda scultura de Il Volo doveva rimanere a prescindere nel luogo dove era incastonata come una perla. E ciò lo dobbiamo alla nostra classe dirigente, politica e imprenditoriale, che da anni non sa compiere, o vuole farlo, il proprio dovere: valorizzare la Capitanata. Bene le denunce, bene il grido popolare, bene i media, ma ci vuol di più. Smuovere coscienze è prioritario, rendere partecipi i giovani a riappropriarsi dei loro e nostri valori, etici-morali-economici è il passo che si dovrebbe compiere, semmai reagendo con l'arma più democratica che il popolo ha: il voto, sempre che la democrazia sia superiore al clientelismo. Forse l'ora è propizia anche come risposta alla demagogia e populismo messo in campo da faziosi e fanatici pseudo politici, giullari di corti che invece di divertire il popolo gridano "al lupo al lupo" incamerando consensi volubili per poi perderli al primo e vero appuntamento serio della politica. Piuttosto pensiamo a rafforzare quello che c'è e che da decenni ci ha contraddistinti con il senno e non con l'arroganza e l'offesa, con la partecipazione e la condivisione allontanando chi sotto mentite spoglie ha promesso fumo. Diamo forza a persone che nella loro semplicità e coraggiosa evidenza vorrebbe cambiare questa società corrotta, cambiare una Foggia deturpata e stuprata, dando fiducia a chi con l'inclusione e la fratellanza crede nei valori tramandati dai padri che hanno vissuto il '43. E come avvenne l'indomani di quel 22 luglio del 1943, ricominciamo a ricostruire la nostra cara amata Foggia, ricordando chi senza divise ha difeso e liberata una città sventrata. Valori, ricordi e amor di patria e per la propria terra, gli ingredienti per la rinascita di Foggia e …chissà per ridare "Il Volo" ai foggiani.
…Ah quanto vorrei mostrare a mio figlio le cose belle che vidi io da piccolo qui nella nostra Foggia.