SU AFFARI ITALIANI UN ARTICOLO DI ENNIO TANGROSSO
Che sta accadendo al paesaggio pugliese, stravolto dall’invasione di impianti per la produzione di energia? E, soprattutto, che cosa sta accadendo o non sta accadendo affatto nella coscienza dei pugliesi? Con quanta partecipazione e quanta consapevolezza stanno assistendo alla radicale trasformazione di un territorio che ha nella bellezza la sua più importante risorsa?
Sono interrogativi di prorompente attualità, soprattutto per la Capitanata che tra le province pugliesi è quella che ha pagato il maggior dazio alla calata dell’industria energetica. La Puglia Settentrionale è ormai letteralmente cosparsa di torri eoliche, pannelli fotovoltaici, apparati per la trasformazione di biomasse. Con quale vantaggio per l’economia? Con quali conseguenze per il futuro?
Affari Italiani, uno dei più importanti quotidiani web nazionali, risponde a questi interrogativi con un bell’articolo di Ennio Tangrosso (Puglia, tutta energia e salute) che ha il merito di spostare radicalmente l’approccio al problema: “le migliaia di gigantesche torri eoliche o le ormai innumerevoli chiazze di specchi fotovoltaici che hanno stravolto la bella terra di Puglia, dal Fortore a Santa Maria di Leuca – scrive l’autore – , non hanno come fine la produzione di energia elettrica. O meglio, in minima parte servono a produrre energia elettrica, mentre, dati alla mano, sono solo lo strumento di una immensa operazione speculativa, una straordinaria macchina da soldi, messa in atto da potentissimi trust economico-finanziari nazionali ed internazionali.”
Secondo Tangrosso, “il vero business è costituito dai ricchi contributi statali (i più alti d’Europa) e dall’acquisizione e scambio dei cosiddetti “certificati verdi” (indispensabili alle Energy Company per produrre energia da fonti non rinnovabili, ovvero idrocarburi), buon ultimo dalla produzione di energia… Vento e sole non costano niente, costa l’affitto del terreno per l’istallazione e gli impianti di produzione, dunque una volta ammortizzato il costo dell’impianto (pale, pannelli, cavidotti, etc., in genere in produzione per circa trent’anni) e pagati i miserrimi fitti agli accomodanti proprietari dei terreni, nonché le ridicole royalty ai Comuni concessionari delle autorizzazioni, il resto è utile, solo sonante e lubrico danaro, che a fiotti e a rivoli scorre ad ingrossare i conti correnti bancari delle multinazionali…”
Il quadro dipinto dall’autore è inquietante ma perfettamente coerente con la logica di un mercato la cui priorità è il profitto a tutti i costi, anche di natura speculativa. Se le cose stanno così, si domanda provocatoriamente Tangrosso, dove sta il problema? Il problema è che mentre le industria dell’energia conducono i loro giochi speculativi sul territorio, questo cambia identità, vocazione. Senza nemmeno rendersene conto.
“La Puglia – su legge ancora nel bell’articolo pubblicato da Affari Italiani – era una regione ad alta aspirazione turistica e mirava alla leadership agricola nazionale, se non europea, per i prodotti naturali biologici e di alta qualità… Non a caso, Foggia ha sperato di diventare la sede dell’Authority Nazionale sulla Qualità Alimentare (poi finita a Parma grazie ai buoni uffici messi in atto della Lega Nord), poiché capitale naturale del Tavoliere (geograficamente parlando) e sede di produzione delle primizie alimentari più buone e rappresentative dell’intero stivale: grano, pasta, olio, vino, pomodoro. Senza parlare del resto o di come si mangia bene il pesce a Bari, Taranto, Brindisi, Lecce, Trani… “
Il prezzo che la Puglia sta pagando è immane, ma sono in pochissimi a rendersene conto. “Per una intera comunità regionale, che da decenni ha investito sulle bellezze ambientali, paesaggistiche, storiche artistiche – incalza Tangrosso -, che ha destinato miliardi sulla costruzione e ristrutturazione di porti turistici o sulla valorizzazione dei centri garganici e/o salentini; per una popolazione che va riscoprendo e mettendo a frutto una naturale propensione all’accoglienza, è stato un gioco da ragazzi trasformarsi, nel volgere di poche stagioni, in una landa immemore e disponibile pronta ad accogliere le più disparate e gioiose industrie energetiche.”
Non si tratta di essere contro la produzione di energia, per partito preso. Ciò che contesta l’autore è “l’istallazione scriteriata, esagerata, indiscriminata, spudorata di tutti gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, solo per macroscopici ed evidenti fini speculativi, per all’arricchimento di pochi e il depauperamento di tutti e del tutto. Le cause per cui questo è potuto succedere sono presto dette: una normativa carente, la cecità degli amministratori locali, la rapace avidità di alcuni, il disinteresse generale, una disinformazione colposa, solo così si è potuto vendere all’incanto, pezzo a pezzo, la campagna e la bellezza della intera Puglia.”
“Nessuna persona ragionevole – puntualizza Tangrosso – può essere contraria all’istallazione di pale eoliche o di pannelli fotovoltaici o di centrali a biomasse o di digestori per la produzione di gas, per generare energia purché tali attività abbiano come principale ed unico scopo, appunto, la produzione di elettricità. Non solo, ma tale risorsa deve essere prodotta in piccoli impianti e consumata in loco, altrimenti è tutt’altra cosa. Per esserne certi l’energia dovrebbe essere prodotta per il sacrosanto e solo uso “domestico” o poco più.”
Cui prodest tutto ciò? All’industria e non solo, considerato che sempre più spesso la cronaca registra episodi che affiancano all’indotto dell’industria eolica il sospetto di infiltrazioni mafiose.
Poi c’è il problema della salute: “Già circolano voci preoccupate sulle colline del Preappennino dauno-irpino – si legge ancora nell’articolo- , circa i livelli di radioattività e i tassi di neoplasie delle popolazioni residenti nei pressi dei parchi eolici più antichi d’Italia. Va bene, le chiacchiere stanno a zero e fino a prova contraria sono solo chiacchiere e poi, bene, bene, i soldi ce li danno oggi, le malattie forse ci verranno fra qualche anno e, infine, non è detto che ad ammalarci dobbiamo essere proprio noi… chi vivrà vedrà.”
Un passaggio dell’articolo-pamphlet di Ennio Tangrosso chiama direttamente in causa la coscienza collettiva. Più precisamente, la tesi dell’autore è che quanto è accaduto in Puglia, lo scempio del territorio sia stata la conseguenza di un deficit di coscienza civile collettiva. La “prostituzione” del territorio è stata possibile perché i pugliesi sono diventati “papponi” della loro regione.
“Nonostante i secoli, i transiti, le invasioni, le dominazioni – scrive Tangeosso -, mai prima d’ora la terra di Puglia era stata violata e oltraggiata in maniera tanto invasiva quanto intima. Per quanto la storia pulluli di traditori ed infami, nessuna comunità pugliese si era ridotta a diventare “pappone” della propria terra. Come si sa non c’è violenza più atroce di quella che si riceve dai propri cari, esattamente quello che è successo alla Terra di Puglia. È triste dirlo, ma chi ha permesso e continua a concedere ogni abuso sulle Colline Daune, nelle terre del Tavoliere, sui costoni delle Murge, nel golfo di Taranto, lungo le coste garganiche o salentine sono i Pugliesi.”
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Quando la cultura diventa feticcio è questo il risultato. Si è fattto, dell'energia da fonti rinnovabili, un feticcio. Il feticcio rappresenta in realtà il mio rifiuto alla conoscenza, la rinuncia ad assumere positivamente ciò che io so.
Caro geppe, Ti ho scritto all'indirizzo mail teletu del nostro post, dell'associazione consumatori Polidrea-Assoutenti Foggia, sulla centrale a Biomasse a Carapelle.
Volevo rinnovare i miei apprezzamenti per i tuoi post e per l'impegno civile ed amore che dimostri per la Tua terra.
A presto sentirci.