La Provincia di Foggia ha imboccato il viale del tramonto. Con quali esiti per i problemi del territorio non è difficile immaginare, visto che alla conclusione della gestione politica dell’ente si accompagna un taglio di bilancio (12 milioni di euro) che praticamente azzera ogni capacità di manovra finanziaria dell’amministrazione.
Resto dell’idea che la Provincia di Foggia è utile. Anzi indispensabile. Lettere Meridiane ha già dedicato all’argomento diversi post (elencati in questa pagina), ed è affascinante raccontare com’è nata e come si è radicata l’idea di una Provincia che dovesse essere un punto di riferimento nelle politiche di sviluppo del territorio di Capitanata.
Cercherò di farlo aiutandomi con le preziose ricostruzioni della cronaca amministrativa di Palazzo Dogana, che si trovano negli annali (disponibili on line) de La Capitanata, la rivista della biblioteca provinciale.
L’idea viene da lontano, e da decenni è presente negli indirizzi programmatici delle amministrazioni che si sono succedute al governo dell’ente intermedio, anche quando la legislazione nazionale attribuiva alle Province compiti piuttosto marginali.
Il primo a teorizzare la necessità di “andare oltre” le funzioni attribuite dalla legge fu Gabriele Consiglio, nel 1962, in una delle più difficili stagioni politiche di Palazzo Dogana. Dopo le elezioni della primavera del 1960, il consiglio non era riuscito ad esprimere un presidente ed una maggioranza ed era stato sciolto. Si era tornati alle urne nel 1962, e dopo una lunga trattativa era stata eletta una giunta paritaria di centrosinistra, guidata dal democristiano Gabriele Consiglio, che nel suo discorso d’insediamento per primo teorizzò l’idea della Provinciale quante “ente pilota” dello sviluppo.
Consiglio sottolineò come questa intuizione rappresentasse “un momento essenziale, l’atteggiamento più nuovo ed aperto del nostro impegno amministrativo.”
“Si tratta – aggiunse – di espandere l’interesse del nostro Ente oltre i settori di propria competenza, oltre i limiti istituzionalmente rappresentati dall’assolvimento dei propri compiti; si tratta di inserire il nostro Ente in tutti i processi di sviluppo che impegnano ed impegneranno sempre di più la vita della Provincia, di Foggia ; si tratta di sensibilizzare il nostro Ente a tutti i problemi economici, sociali, amministrativi, a tutte le manifestazioni scientifiche, artistiche, culturali e sportive della Provincia di Foggia.”
Il fatto di non disporre di una maggioranza organica non scoraggiava affatto Consiglio (che di lì a poco fu tra i fautori dell’opera che più di ogni altre segnò il passaggio ad una concezione moderna della Provincia, la costruzione della nuova sede della Biblioteca Provinciale): “il nostro deve essere l’Ente-primario della comunità provinciale, dovrà divenire, poiché ne ha la capacità e la struttura, l’«Ente pilota» di ogni seria attività provinciale.”
In quella giunta paritaria, Gabriele Consiglio (che più avanti sarà tra i padri costituenti della Regione Puglia, tanto per sottolineare la statura politica e morale del personaggio) ebbe un’altra importante intuizione: per poter candidare con efficacia al ruolo di “ente pilota”, la Provincia doveva ritessere le sue relazioni con il resto della realtà istituzionale, e perciò istituì un assessorato alle pubbliche relazioni.
Il presidente era ben consapevole dell’importanza di quanto andava immaginando: “noi desideriamo vivamente che l’Ente Provincia non sia considerato come un distretto territoriale dello Stato, ma come un organismo che serva al coordinamento ed alla soddisfazione di interessi che, se sono diversi da quelli più generali dello Stato, trascendono certamente quelli dei Comuni. Occorre, pertanto, che il nostro Ente s’inserisca validamente ed autorevolmente nel più ampio circuito di quegli interessi preminenti che sollecitano l’evoluzione dell’economia della nostra terra ed il progresso delle condizioni sociali della nostra gente.”
La consapevolezza della “necessità” della Provincia nella costruzione del futuro della terra dauna poggia su una considerazione che nessuna legge costituzionale potrà abrogare: la ricchezza e l’unicità di un territorio che rendono questa terra in se stessa una Regione, e che Gabriele Consiglio coglie, fin dal 1962, con una capacità addirittura profetica e con quella profondità espressiva resa possibile dalla quotidiana frequentazione con la letteratura alta.
Oltre che amministratore, Consiglio è stato anche un grande avvocato ed un grande scrittore e lo conferma concludendo così il suo memorabile intervento: “Gargano, Tavoliere e Subappennino : altopiano, pianura e collina; tre processi diversi nel formarsi; di epoche e di civiltà; tre modi diversi nel divenire della storia; tre atteggiamenti distinti nel formarsi delle comunità verso l’unità morale della Nazione e verso lo Stato; ma tre vivissime realtà che oggi hanno un’anima sola ed un comune destino.”
Sbocciò così l’idea di una Provincia pilota dello sviluppo che da allora in poi avrebbe contraddistinto tutti i governi di Palazzo Dogana, a prescindere dal colore politico delle maggioranze e dalla difficoltà intrinseca al fatto che si trattò assai spesso di maggioranze risicate.
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