Nero di Troia: la precisazione di Fede, l’inghippo geografico

Fede (Federico Quaranta) interviene nella polemica sulla zona d’origine del Nero di Troia, innescata dal post di Lettere Meridiane, in cui riferivo della bizzarra collocazione nel Salento attribuita al vitigno dal conduttore di Decanter la bella trasmissione di RadioDue dedicata ai vini e alle eccellenze agroalimentari del Bel Paese.
Come si ricorderà, il post era stato ripreso e commentato da Sandro Simone nella rubrica satirica Foggia VoccAperta che questi cura sul sito di Foggia Città Aperta. Sull’arguto commento di Simone interviene Fede, che scrive: “Mi spiace, ma il campanilismo territoriale è il male peggiore… intanto bisognerebbe ascoltare bene ciò che ho detto… parlavo di rapporto tra vino e terroir, non parlavo di origine, parlavo di traino economico sociale… ho parlato del Salento come territorio in grande spolvero, rappresentato dai vini che li si producono e vendono… ho citato Negroamaro, Primitivo ed anche Nero di Troia, sapendo che ci sono molte aziende salentine ad usarlo sia in purezza che in blend… poi se vogliamo far polemica facciamola, ma credo che non serva a nessuno. Ho realizzato un intera puntata su Daunia e suoi prodotti in Tv su La7…. nessuno di voi mi ha detto grazie! Inserisco un vino in un discorso ampio e scoppia tutto sto casino.”


Quanto scrive Fede è assolutamente vero, ma è una questione di punti di vista, o più precisamente di prospettiva. Che la Troia cui il vitigno si riferisce è la cittadina d’arte dei Monti Dauni, è fuori discussione, e lo conferma perfino l’enciclopedia Treccani: “Il Nero di Troia è un vitigno autoctono che prende il nome dalla località Troia che si trova in in Puglia. Anche il vino ha lo stesso nome e viene prodotto in 13 comuni del Gargano. Di colore rosso rubino intenso, utilizzato come vino da taglio, solo di recente, nel 2011, è stato riconosciuto con la DOC (Donominazione d’origine Controllata) «Tavoliere delle Puglie» o «Tavoliere», si sta imponendo accanto ai più noti vini regionali Primitivo e Negroamaro.”
Che in un discorso su vino e terroir (termine complesso che più o meno designa il territorio, ma come entità socio-economica, più che geografica) questo vino venga preso indicato come fattore trainante di un’area distante trecento chilometri dalla zona di produzione originaria, è sconcertante, proprio perché in fondo è vero. Ci sono aziende salentine che producono dell’ottimo Nero di Troia. E, come se non bastasse, il Nero di Troia prodotto in provincia di Foggia è il vitigno base del Tavoliere DOC, mentre la sola DOCG che porti all’interno il nome del Nero di Troia è quella relativa all’etichetta “Castel del Monte Nero di Troia riserva”, che viene prodotta in alcuni comuni della BAT.
Dei Monti Dauni che sono la culla naturale ed originaria del Nero di Troia neanche un cenno: da Decanter ai disciplinari di produzione del Castel del Monte e del Tavoliere.
La situazione è stata mirabilmente riassunta in un commento al post di Lettere Meridiane da Ninì Russo, fondatore del gruppo Civitas Troiana ed esperto del mondo agricolo: “Il nome originario è da riferirsi a un vitigno: “Uva di Troia”, poi divenuto Nero, i cui vini per lungo tempo sono stati relegati a una funzione da taglio, per rafforzare con i suoi notevoli corpo e colore i vini più deboli.  Definita l’area di produzione parzialmente inclusa nel Parco Naturale dell’Alta Murgia, con etichetta “Castel del Monte Nero di Troia riserva”, questo vino è stato riconosciuto DOC con decreto del 19/05/1971 (G.U. 26/07/1971 n. 188), successivamente riconosciuto DOCG con DM 04.10.2011 (GU n. 244 – 18.10.2011) modificata con DM 30.11.2011 (Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza – Vini DOP e IGP). Questa è la storia che ci esclude dal pregio e ci include nel più modesto IGT e nella brutta etichetta della recentissima “DOC Tavoliere”. Invece di raccogliere gli effetti di caduta della DOC esistente, chiedendo l’inclusione dei nostri areali, si è preferita la pastetta fatta in casa. Questi sono i risultati di una politica barocca che offre seducenti soluzioni a situazioni inesistenti o a di là da venire.”
Resto dell’idea che la storia del Nero di Troia declini una delle tante opportunità di sviluppo perdute dalla Capitanata, dalla fisiologica incapacità di valorizzare le eccellenze del territorio.

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Author: Geppe Inserra

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