Le mie idee politiche sono lontane anni luce da quelle di Gino Longo, ma la distanza ideologica non ci ha mai impedito di intrattenere amichevoli rapporti e spesso anche di condividere opinioni e giudizi sul mondo dello spettacolo e della cultura di casa nostra. Sicché condivido molto di quanto egli ha scritto in un commento al post di qualche settimana fa, in cui riprendevo la provocazione lanciata da Fabio Prencipe circa la palude in cui pare essere piombata la cultura a Foggia e nel resto della provincia.
Longo rilancia le critiche manifestate da Prencipe, e pone alcuni interrogativi che meritano risposta, se vogliamo che lo spettacolo e la cultura possano diventare, al di là delle chiacchiere, un fattore propulsivo per lo sviluppo del territorio.
È assai di più di un sasso nell’acqua stagnante, è un macigno quello gettato da Gino Longo che scrive: “In Capitanata esistono centinaia, per non dire migliaia, di corsi da quelli musicali a quelli teatrali, di danza, di cinema spesso tenuti da dubbi docenti. Qualcuno deve spiegarmi perché negli anni ’50,’60,’70 fiorivano in Capitanata: Fernando Di Leo, Ninni Maina, Renzo Arbore, Nicola Di Bari, Rosanna Fratello, Gilda Giuliani, Milla Sannoner, Nucci Ladogana, Silvano Spadaccino, Gabriella Cristiani, Franco Tolomei, Michele Lacerenza, Teo Ciavarella, Tony Santagata, Paolo Ceglie, Rino Dimopoli, Michele Placido…
e mi fermo qui. Ciò accadeva senza corsi né stage, senza finanziamenti pubblici, ma solo con la forza del proprio talento! Purtroppo la realtà qui è stazionare e strisciare dietro le porte degli assessorati, diversamente sei tagliato fuori. Conseguenza: dilaga solo la cultura del clientelismo. Se Foggia si colloca all’ultimo posto in Italia per attività culturali un motivo ci sarà? Certi presunti attori, dovrebbero stazionare dietro la porta dell’assessorato ai servizi sociali oppure farebbero bene a divertirsi fra amici al teatrino della parrocchia, o darsi alla raccolta degli asparagi, vista la stagione. Il talento non si misura con permessi ministeriali e partite Iva. Chi vale ha gli attributi per misurarsi di fronte a platee di oltre regione, dove il rischio di essere presi a pomodori e pedate nel fondo schiena è molto alto! Tutti son bravi di fronte a parenti e amici nei contenitori dati in omaggio! Continuassero i politici locali di destra, centro e sinistra a dare giocattoli ai propri galoppini, il mezzo migliore per distruggere del tutto ogni speranza di ripresa. Oscar Wilde sosteneva “non bisogna fare arte popolare ma fare in modo che il popolo diventi più artistico”, non a caso, vi è a Foggia e in Capitanata, un forte ritorno alla canzone napoletana cosi detta neo melodica, il massimo della volgarità e della cafonaggine!”
Gino Longo pone una serie di questioni, tutt’altro che banali e scontate. Che dalle nostre parti sia nato un “professionismo della cultura” che si alimenta più dei ricavi derivanti da (improbabili) corsi di formazione che non dalla risposta del pubblico è un dato di fatto. Ma è altrettanto un dato di fatto che di questi tempi, salvo rare eccezioni, il mercato da solo non basta a garantire profitti culturali, e di conseguenza anche il talento può non essere sufficiente.
Lo spettacolo e la cultura hanno bisogno dell’intervento pubblico ma – e su questo ha ragione Gino Longo, che distribuisce le sue critiche in modo assolutamente bipartizan – occorre che i finanziamenti pubblici vengano elargiti in modo trasparente e certo, allontanando qualsivoglia sospetto di clientelismo. La spesa culturale della Regione Puglia, governata da rigorosi regolamenti, è un modello nel suo genere. Ma non si può dire altrettanto di molte altre istituzioni locali.
Vi è poi da sottolineare – con la sola eccezione della Fondazione Banca del Monte – la quasi totale assenza del mondo dell’impresa e della finanza a sostegno della cultura, anche quando questo (basti pensare soltanto alle opportunità di profitto offerte dal turismo) avrebbe tutto da guadagnare nel sostenere eventi culturali.
Nonostante l’amarezza che traspare dalle parole di Gino Longo mi pare di poter cogliere dal suo intervento uno stimolo molto positivo: bisognerebbe ricominciare dal talento (che – sono d’accordo con lui – prescinde dalla capacità di saper elaborare un progetto finanziabile o sapersi dotare di partita Iva e dei necessari permessi ministeriali), investendo sulle idee, sulla capacità creativa, sulla qualità.
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