Giuseppe Galasso |
Vi ho già raccontato di quella che potrebbe essere stata l’ultima serata culturale promossa dalla Provincia di Foggia (rischio che diventa sempre più serio, visto che il nuovo Governo ha annunciato la volontà di sopprimere le Province), dedicata alla presentazione de Le Terre della Dogana, opera omnia o quasi del grande storico e saggista di San Marco in Lamis, Tommaso Nardella.
Ospite d’onore della manifestazione Giuseppe Galasso, che ha tenuto una lectio magistralis su un tema decisamente originale, Le molti voci del meridionalismo.
Nessuno poteva essere più titolato dell’insigne scrittore e meridionalista napoletano per affrontare un problema così spinoso, in un momento di oggettiva crisi della percezione collettiva circa la questione meridionale.
Per Galasso è giunto il momento di andare oltre i confini disciplinari. “Dobbiamo domandarci se la letteratura meridionalista è un fungo, un albero o piuttosto una rete, un tessuto. Io penso che il meridionalismo non sia un monolite, ma un coro, a volte assonante, altre volte dissonante.”
Galasso ha quindi ricordato che per la prima volta la definizione “questione meridionale” è comparsa sul giornale partenopeo Roma, nel 1864, quando essa coincideva con il brigantaggio, “che fu un grande e drammatico problema” – ha aggiunto – manifestando scetticismo verso alcuni tentativi di recuperarlo come parte dell’anima e dell’identità meridionale.
“Questa nostalgia verso un certo passato – ha osservato il professore – non è comunque tipica soltanto dei meridionali ma di un po’ tutti gli Italiani, ogni tanto qualcuno vuol recuperato un antico Stato o un Ducato… meno male che a questa tendenza si sottrae almeno lo Stato Pontificio…”
Secondo Galasso, comunque, fin dall’inizio ed anche in riferimento al brigantaggio, la questione meridionale è stata una grande questione nazionale: “problema di ordine pubblico, ma anche di coesione nazionale.”
Un grande cammino è stato compiuto, grazie agli sforzi dei meridionali. A sorpresa, Giuseppe Galasso ha citato come uno dei più importanti esempi di progresso meridionale proprio Foggia, e la sua difficile opera di ricostruzione dopo la tragica estate del 1943 che la videro massacrata dai bombardamenti alleati: “Bisogna aver visto cos’era Foggia, conservare negli occhi la viva immagine di distruzione e di desolazione, per capire quale grande cammino abbiamo fatto.”
Tuttavia, “il meridionalismo non è mai stato unitario: ne esistono tante diverse dimensioni, e anche tante diverse opzioni ideologiche.” Per Galasso, il collante che tiene insieme le diverse anime del meridionali è la riflessione storica, che lo ha sempre accompagnato, lo sforzo di ricostruzione della storia passata del Sud, presente soprattutto in Fortunato e Nitti.
Questo rapporto andrebbe rinvigorito. “Solo negli ultimi anni – ha detto ancora il relatore – il rapporto tra storiografia e Mezzogiorno si è indebolito, a vantaggio di una riduzione economicistica e sociologizzante del Meridione.”
È stato probabilmente proprio l’indebolimento del “senso della storia” a conferire alla questione meridionale sempre di più “uno sconcertante tono rivendicazionistico, sciovinistico, localistico.”
Tornando a quelle nostalgie del passato su cui si era soffermato prima, Galasso ha detto chiaro e tanto che “la nostalgia è infondata: il Mezzogiorno non è mai stato un Eden.” Nè si possono enfatizzare più di tanto le presunte risorse naturali: “è vero che abbiamo una temperatura mite, ma di contro c’è scarsità di acqua e la mitezza del clima si accompagna a lunghi periodi di siccità…. e quando le piogge sono adontanti si verificano disastri ancora più grandi.”
La chiave di volta per rilanciare il meridionalismo, o se si preferisce, per ridare fiato alle molte voci del meridionalismo, passa quindi per il rilancio della riflessione storica, a tutti i livelli, che è a sua volta l’ordito essenziale della cultura. Proprio in questo sta l’importanza di personaggi come Tommaso Nardella, ma anche l’importanza di alcuni valori che stanno cadendo in disuso, come la conoscenza, la curiosità intellettuale e l’erudizione
“Non conta – ha concluso Galasso – che uno sia un grande erudito o un piccolo erudito. Non c’è distinzione tra alta cultura e bassa cultura. La vera distinzione è tra la cultura e la non cultura. Nessuna alta cultura si sostiene se non c’è un tessuto culturale diffuso sul territorio, che è quello creato da storici locali come Nardella. La cultura, così come la natura, non facit saltus.”
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