Troppo limitato il test elettorale in Capitanata per disegnare una tendenza. Però qualche segnale dalle urne è venuto fuori negli undici comuni chiamati al rinnovo. Il centrodestra vince piuttosto nettamente conquistando la maggior parte dei municipi in palio, ma la vera sorpresa è il fenomeno grillino che non ripete l’exploit delle politiche (ma non c’erano liste, né candidati immediatamente riconducibili al movimento se non a Sannicandro, ed è probabile che il grosso del M5S abbia semplicemente contribuito ad ingrossare le file degli astensionisti). Per il resto, il centrosinistra conferma le sue difficoltà ed il centro moderato conferma non soltanto di esistere e di resistere, ma di essere probabilmente in grado di influenzare notevolmente l’esito delle urne nei prossimi appuntamenti, quando saranno chiamati al rinnovo i maggiori Comuni, a cominciare da quello capoluogo.
Nel solo comune in cui non si votava con il turno secco, Sannicandro Garganico, si andrà al ballottaggio tra due domeniche, ed è proprio il risultato del comune del promontorio, che una volta era una roccaforte rossa, quello che forse meglio fotografa il trend elettorale della provincia di Foggia. A contendersi la fascia tricolore saranno Pier Paolo Gualano, candidato sindaco del centrodestra, nettamente in vantaggio con il 42,7% dei voti, e Mario D´Ambrosio del centrosinistra che ha raccolto il 27,2% dei consensi.
Lucio Giordano, candidato del centro moderato, ha ottenuto un significativo 26,6%, mentre si è fermata soltanto al 3,4% la candidata del M5S Marialuisa Faro.
La performance scarsamente brillante della candidata sindaca grillina è il solo parametro di riferimento per valutare la “tenuta” del movimento dalle politiche ad oggi. Alle elezioni politiche dello scorso mese di febbraio, a Sannicandro i grillini avevano ottenuto il 23,5% dei voti. Il brusco calo di consensi non ha però giovato al resto del centrosinistra che aveva raccolto il 29,1% alle politiche e finisce al di sotto anche di febbraio, pur piazzando comunque il proprio candidato. Il centrodestra si era invece attestato sul 34%, e dunque guadagna notevolmente rispetto a febbraio.
I raffronti vanno comunque presi con le pinze, e la vistosa discrasia tra quanto è venuto fuori dalle urne a febbraio rispetto al risultato di domenica e lunedì scorsi, va letto anche alla luce della radicale diversità del tipo di competizione elettorale. Una cosa è quando si cimentano i leader nazionali, un’altra quando scendono in campo i candidati locali. L’elettore guarda sempre di più al personaggio, al candidato, e sempre meno ai partiti.
Semmai, sembra di poter dire che dalle urne emerga quasi uno “zoccolo duro” di elettorato, meno propenso a provocare tsunami politici, quando si tratta di scegliere le amministrazioni locali, e più in linea con il quadro politico consolidato. Esemplare, in questo senso, la tenuta del centro (che si è confermata anche nei comuni più piccoli) che continuerà ad svolgere la funzione di ago della bilancia nella coalizione e negli schieramenti.
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