Vi devo una confessione. L’ispirazione al post su “come parla la scuola”, e sul burocratese che imperversa anche laddove non sarebbe proprio il caso, come la scuola, m’è nata mentre leggevo, peripateticamente, lo stupendo libro Le parole di Danilo Dolci, di Michele Ragone, con presentazione di Antonio Vigilante. [E presto spero di raccontarvi dell’una e dell’altra esperienza: del libro in sé e della lettura peripatetica, essendo il primo ebook che leggo camminando. Comunque, se volete saperne di più: http://educazionedemocratica.org/?page_id=193].
Ho scritto il post avendo a mente la straordinaria lezione pedagogica e filosofica di Danilo Dolci, le sue riflessioni sulla scuola. Ed ecco il commento al mio post di un dolciano convinto come Antonio Vigilante, direttore della rivista di pedagogia politica, Educazione Democratica, che riferendosi allo scadimento linguistico della scuola scrive: “E’ un segno di due cose: la deriva burocratico-aziendalistica della scuola e la chiusura della scuola al mondo esterno (chi vive nella scuola è sinceramente convinto che termini come POF, PON, DSA eccetera siano correnti). Anche più preoccupante è il linguaggio che usano i docenti per indicare aspetti importanti del loro lavoro. Ad esempio, è frequente l’aggettivo “scolarizzato”, per lo più nella forma negativa: non scolarizzato. Di uno studente che non si adegua al clima scolastico, si dice questo: che non è “scolarizzato”. Un termine in cui colpisce la passività, la riduzione ad oggetto che implica. Se li lasci fare, i docenti ti “scolarizzano”, ossia fanno di te un ingranaggio nella macchina della scuola. Frequente è anche l’espressione “materiale umano”.
Sulla questione interviene con la consueta intelligenza ed acume critico anche Nico Baratta, giornalista ed opinionista: “Viviamo nell’era degli acronimi, di quella globalizzazione dove finanche il risparmio di scrivere una sigla è sinonimo di perdita di valori, che sono e saranno sempre rappresentati dalle parole, oltre che dai fatti. Gli accorpamenti ci stanno abituando a sfoltire il nostro vocabolario che si sta “ingrassando” con terminologie posticce e neologismi multilingue. W la globalizzazione? Meglio l’italianità, i suoi valori e la sua lingua.”
Meglio, anche, una scuola che si sforzi il più possibile di perseguire la sua missione: far crescere i giovani, sognandoli, facendoli sognare, come dice in questi stupendi versi, Danilo Dolci:
C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato
C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
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