Il Presidente della Provincia, Antonio Pepe, è tornato sui suoi passi, ritirando le dimissioni che aveva presentato la scorsa settimana. “In ragione delle numerose e trasversali sollecitazioni che mi sono state rivolte in questi giorni e del profondo rispetto che nutro nei confronti dell’assemblea consiliare e delle forze politiche di maggioranza e di minoranza – ha spiegato Pepe in apertura dei lavori di quella che sarà l’ultima seduta dell’assise provinciale – ho inteso ritirare le mie dimissioni, che avrebbero comunque prodotto efficacia il prossimo 4 maggio, dunque oltre la scadenza del mandato amministrativo.”
“Ho assunto questa decisione – ha proseguito il Presidente – anche per smentire le ricostruzioni, i retroscena e le illazioni che sono circolate circa le mie dimissioni, che comunque non avrebbero privato la Provincia di una guida, consentendomi di restare nella pienezza delle mie funzioni sino all’ultimo giorno. Ringrazio ciascun consigliere provinciale per le parole di stima espresse nei miei confronti, a conferma dello spirito di collaborazione e di fiducia reciproca instaurato in questi cinque anni di proficua e virtuosa collaborazione nell’interesse del territorio di Capitanata.”
All’origine della dimissioni c’era la complicata prospettiva che si apre Palazzo Dogana con la fine della consiliatura. Le Province in scadenza di mandato saranno commissariate, ed una raccomandazione del Parlamento prevede che la gestione commissariale venga affidata al presidente uscente o comunque ad un eletto. Senonché Pepe non ha alcuna intenzione di diventare commissario dell’Ente, cosa che ha ribadito anche nella seduta del consiglio provinciale di questa mattina.
“Come avevo già annunciato nella precedente seduta consiliare – ha detto – non rivestirò il ruolo di Commissario dopo il 2 maggio per motivi di natura strettamente personale. Spetterà dunque al Ministero dell’Interno scegliere la figura alla quale affidare la reggenza dell’Amministrazione provinciale sino al rinnovo dei suoi organismi istituzionali dopo la trasformazione in Ente di secondo livello.”
Il cerino acceso passa adesso nelle mani della Prefettura e del Ministero degli Interni che procederanno alla nomina del commissario, che sarà affiancato da due subcommissari. Impossibile prevedere cosa accadrà. L’ipotesi che era circolata immediatamente dopo le dimissioni di Pepe, e cioè che quel gesto dovesse spianare la strada alla nomina del vicepresidente, Billa Consiglio, aveva innescato non poche polemiche, al punto tale che qualora Pepe non avesse fatto marcia indietro, questa mattina avrebbero potuto dimettersi i sblocco i consiglieri della maggioranza di centrodestra. Un gesto che avrebbe determinato l’immediata decadenza dell’assise provinciale e la possibilità per la Prefettura di bypassare la raccomandazione parlamentare, affidando la gestione straordinaria ad un commissario prefettizio. Ipotesi che resta sempre in campo, come pure restano in campo sia la possibilità che al posto di Pepe sia nominato un altro “eletto”, sia che venga nominato il vicepresidente.
Il rebus sarà sciolto con ogni probabilità domani.
Se la maggioranza di centrodestra sembra essersi più o meno ricompattata con il ritiro delle dimissioni di Pepe, paradossalmente la vicenda ha portato allo scoperto l’ennesima lacerazione in seno al Partito Democratico. Venerdì scorso si erano infatti dimessi tre consiglieri del Pd (Paolo Campo, Rino Pezzano e Antonio Angelillis). Tre, ma non tutti, e tanto era bastato ad accendere l’ennesimo fuoco in casa democratica, tanto più che i dimissionari non sono consiglieri da poco: Campo è il segretario provinciale del partito, Rino Pezzano il responsabile degli enti locali, Angelillis è assessore comunale in quel di Manfredonia, roccaforte del Pd provinciale.
Le dimissioni sarebbero state ordinaria amministrazione se si fosse dimesso in blocco l’intero gruppo consiliare, così come aveva chiesto immediatamente dopo le dimissioni Pezzano. Il fatto che l’invito sia stato raccolto soltanto da tre consiglieri rivela l’ennesimo conflitto in casa democratica: il Pd è riuscito a spaccarsi perfino nel momento in cui la maggioranza gli porgeva su un piatto d’argento un’occasione per prendere le distanze dalla vecchia politica.
A gettare acqua sul fuoco delle polemiche ci ha pensato comunque il capogruppo a Palazzo Dogana Antonio Prencipe: “Il ritiro delle dimissioni – ha affermato in una nota diffusa alla stampa – ha anticipato e reso inutile quelle che avrebbero protocollato i quattro consiglieri del Partito Democratico che venerdì scorso non hanno potuto farlo a causa di impegni personali che ne hanno impedito la presenza a Palazzo Dogana in tempo utile. Con la nostra azione politica abbiamo ottenuto rispetto per un’istituzione democratica e la conclusione ordinaria e ordinata del mandato ottenuto dagli elettori della Capitanata. Nessuno può sospettare il PD ed i suoi consiglieri di ‘intelligenza con il nemico’ politico, giacché abbiamo sempre agito responsabilmente al servizio della comunità e, pur essendo in minoranza, ottenuto risultati ad esclusivo vantaggio dei cittadini.”
Prencipe attribuisce così le mancate dimissioni dell’intero gruppo a ragioni personali che avrebbero impedito ai quattro consiglieri che sono rimasti al loro posto di far protocollare le dimissioni venerdì scorso. Ma implicitamente parlando di accuse di “intelligenza col nemico” ammette che la querelle nel suo partito è stata vivace.
Comunque vadano le cose, per la consiliatura provinciale è cominciato il conto alla rovescia. Giovedì, 2 maggio prossimo scadrà il mandato e la palla passerà al commissario.
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