Paradossi della politica. Lunedì 29 aprile prossimo, mancheranno soltanto tre giorni alla fatidica data del 2 maggio, giorno in cui si concluderà definitivamente la consiliatura alla Provincia e con essa forse anche la storia dell’Amministrazione, sottoposta alla spada di Damocle della riforme delle Province, che potrebbe preludere alla soppressione dell’ente intermedio.
Lunedì si terrà quella che potrebbe essere l’ultima seduta del consiglio provinciale nella storia di Palazzo Dogana, e ci si aspetterebbe una seduta celebrativa o comunque all’insegna del volemose bene, in attesa di vedere quale sorte toccherà alle Province. E invece anche la prossima assise si preannuncia all’insegna dei veleni e delle polemiche.
Il presidente del consiglio provinciale, Enrico Santaniello, potrebbe infatti presentarsi dimissionario, ed assieme a lui anche gli altri consiglieri del Pdl e della maggioranza di centrodestra. Il pomo della discordia, tutto interno al partito di maggioranza relativa, è rappresentato dalla gestione commissariale che dovrebbe guidare Palazzo Dogana almeno fino a quando non sarà più chiara la sorte che arriderà all’ente.
Il commissario potrebbe essere un traghettatore verso il nuovo assetto istituzionale previsto dalla Riforma Monti (che si è però inceppata, in quanto il decreto non è mai stato convertito in legge) oppure trasformarsi in un vero e proprio liquidatore, qualora – come è previsto nei programmi di diversi partiti – le Province dovessero essere del tutto soppresse e le loro competenze trasferite ai Comuni e alle Regioni. In un modo o nell’altro si prospetta un periodo di commissariamento piuttosto lungo.
Quando il parlamento approvò la norma che congelava temporaneamente l’assetto istituzionale delle Province, venne votato anche un ordine del giorno che raccomandava al Ministero degli Interni la nomina di “eletti” anziché di commissari prefettizi, per evitare il rischio di una gestione non politica delle amministrazioni eccessivamente lunga.
Per questa ragione, il commissario di Palazzo Dogana avrebbe dovuto essere il presidente eletto, Antonio Pepe, che però si è dimesso: da un lato perché non vuol saperne di assumere la gestione commissariale, dall’altro per favorire la designazione del vicepresidente, Billa Consiglio, che però non è stata “eletta”, ma chiamata direttamente da Pepe a far parte dell’esecutivo. Ed è stato questo che ha scatenato il putiferio.
Il segretario provinciale del Pdl ha chiesto ufficialmente a Pepe di ritirare le dimissioni ed altrettanto hanno fatto i consiglieri del partito di Berlusconi. Ma Pepe ha ribadito la sua volontà di andarsene e di non essere disposto ad accettare la nomina a commissario. Un muro contro muro che ha fatto definitivamente saltare i già precari rapporti tra il presidente e la maggioranza, che gli rimprovera una eccessiva autonomia. Le stesse dimissioni sono state, per così dire, un gesto unilaterale del Presidente che né le aveva concordate, né le aveva neanche comunicate alla maggioranza.
Il braccio di ferro continuerà dunque fino a lunedì: se Pepe non dovesse accettare l’invito del suo partito, potrebbero scattare le dimissioni dei consiglieri provinciale che andrebbero a mutare sensibilmente gli equilibri per la nomina del commissario. Infatti, la legge prevede che, nel caso in cui si dimetta il consiglio provinciale, la consiliatura venga immediatamente cessata e venga nominato un commissario, che in questo caso non può essere un “eletto” ma un commissario prefettizio.
Il bailamme di Palazzo Dogana è probabilmente la ragione dell’estrema prudenza con cui la Prefettura e il Ministero degli Interni si stanno muovendo nella designazione del commissario. Tutto lascia supporre che al Palazzo del Governo aspetteranno fino a lunedì per vedere cosa accadrà. Se la consiliatura dovesse concludersi regolarmente (cioè se non dovessero esservi le dimissioni di almeno 16 consiglieri provinciali, che provocherebbero la decadenza immediata del consiglio) non è escluso che il commissario possa essere Billa Consiglio. Ma tutto dipenderà dal consiglio provinciale di lunedì.
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Non sarebbe certo il male peggiore che a gestire la provincia fosse nominato un Commissario Prefettizio.
resto dell'idea – paradossale quanto volete – che non si dovevano abolire le Province ma le Regioni. Paradosso, dicevo. La Puglia, in particolare, per tanto tempo era definita da "Le Puglie"; denominazione al plurale che di fatto confermava la natura disomogena del territorio, sia dal punto di vista storico che culturale ed economico.
Abolite le Province vi immaginate l'attribuzione dei suoi poteri o al Comune capoluogo (Foggia) e a tutti gli altri comuni, nella parcellizzazione delle logiche e delle decisioni, o alla Regione Puglia che, da quando è nata, si è sempre distinta per sguardo obliquo, tutto incentrato sul capoluogo di regione?