Tommaso Nardella |
Qualche sera fa si è celebrata a Palazzo Dogana quella che potrebbe essere stata l’ultima iniziativa culturale promossa dalla Provincia (e peccato che nessuno abbia ancora seriamente riflettuto sul rischio della desertificazione culturale che potrebbe essere indotta dalla soppressione dell’Ente).
Non avrebbe potuto esservi comunque occasione migliore, per chiudere una stagione culturale importante, com’è quella che la Provincia è riuscita ad animare da alcuni decenni, che l’omaggio ad un insigne personaggio della cultura dauna quale Tommaso Nardella.
Ho avuto il privilegio di essere il moderatore della serata, nel corso della quale Giuseppe Galasso ed Antonio Motta hanno presentato Le Terre della Dogana, l’opera omnia dello studio e storico di San Marco in Lamis, scomparso tre anni fa.
“Ricordare Nardella – ha detto Motta, curatore della corposa pubblicazione – è un gesto civile. Tommaso era un eccentrico, un formicone di Puglia, per dirla con Tommaso Fiore.”
Motta ha quindi parlato del suo legame con Nardella, nato a seguito della frequentazione della sconfinata biblioteca dello studioso, dopo aver superato la diffidenza che questi nutriva nei confronti di quanti esercitavano la fantasia più che la saggistica. A farli diventare amici fu la comune passione verso Francesco Paolo Borazio, straordinario poeta dialettale di Sa Marco.
“Raccontare la biblioteca di Nardella significa raccontare gran parte della storia della Capitanata. Frequentandolo e frequentandola m’innamorai della storia locale. Entrato in quella biblioteca come lettore e spettatore, ne uscii come editore delle opere del suo proprietario. Quella biblioteca è un luogo speciale, per entrarci bisogna prendere confidenza. Non è solo un luogo della memoria, ma anche un luogo della durata. Non un luogo del passato, ma luogo del presente e del futuro.”
Era questo, del resto, per Tommaso Nardella il senso del lavoro dello storico: conservare le tracce del passato per renderlo attuale, perché la conoscenza del passato possa fornire elementi di riflessione all’oggi.
Grande affabulatore, Nardella è stato, assieme ad Antonio Vitulli e a Pasquale di Cicco, per antonomasia, il cultore della storia patria in provincia di Foggia: “ha dato un contributo decisivo – ha sottolineato Motta – a far superare l’immagine negletta dello studio della storia patria.”
Sulla necessità di recuperare la storia locale quale “storia patria” è intervenuto anche Giuseppe Galasso: “Non c’è contrapposizione tra l’alta cultura e la bassa cultura. Il tessuto raccolto e intrecciato dagli studiosi di storia locale è l’humus fecondo dal quale si misura la qualità della cultura di un certo territorio.”
Galasso ha quindi tratteggiato gli aspetti salienti della personalità e dell’umanità di Tommaso Nardella: “un’idea italiana vissuta con animo risorgimentale, la sollecitazione crociana, l’amore appassionato verso la sua terra – il Gargano, la Capitanata -, una sottaciuta ma evidente fede religiosa e infine un certo generoso romanticismo, che gli faceva amare profondamente le persone.”
Per Galasso, Tommaso Nardella è stato una delle molte formiche che hanno svolto con tenacia e pazienza un lavoro essenziale per i destino e la vita di una cultura: “È stato un umile operaio nella vigna della cultura: un titolo che gli deve valere la nostra gratitudine ed il nostro riconoscente ricordo.”
Il Comune di San Marco in Lamis ha posto una lapide in memoria di Nardella, la cui epigrafe è stata detta da Antonio Motta: “In questa casa visse Tommaso Nardella storico, bibliofilo, erudito. Qui è la biblioteca che egli considerava la sua officina, i ferri del mestiere le carte d’archivio, da cui trasse alimento per leggere in filigrana le vicende del suo paese,il triste fenomeno del brigantaggio, le figure nobili della sua Capitanata.”
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