Da diversi punti di vista, il colpo di mano del segretario provinciale del Pd, Paolo Campo, non fa una grinza. Azzera la segreteria provinciale e ne insedia una nuova di zecca, utilizzando nella scelta due criteri sui quali è difficile dissentire: il ricambio generazionale e la competenza.
Nulla da eccepire anche per quanto riguarda i nomi: al di là dell’aspetto puramente anagrafico, si tratta di giovani che hanno tutti più o meno un certo radicamento nel partito e nella società, e una buona capacità di discernimento. Si veda per esempio la lucidissima analisi del voto di Ivano di Matto (il lucerino nominato da Campo, ma costretto alla rinuncia in quanto dipendente della Cgil, ed incompatibile con la nomina ai sensi dello statuto del sindacato) all’indomani delle elezioni: “Il PD ha pagato due errori, relativamente, recenti. Il sostegno al governo tecnico (il fallimento del governo di centrodestra è diventato il fallimento di tutti i partiti). Non aver fatto votare gli elettori del centrodestra alle primarie (è passato un messaggio di autosufficienza, esclusivo: non abbiamo bisogno di voi, anzi, inquinereste il voto). La conseguenza di questi due errori è stata precludersi il voto degli scontenti. Troppi dirigenti del PD ragionano con schemi legati alla Prima Repubblica, ad un mondo che non esiste più (per prendere i voti dei moderati siamo andati 2 anni appresso a Casini, che poi non è arrivato al 2%…). Berlusconi nel ’94 e Grillo hanno dimostrato che, oggi, bisogna rivolgersi direttamente agli individui. Non servono intermediari.”
Un giovane così può dare veramente un contributo al rinnovamento del Pd e del centrosinistra. Peccato che lo statuto della Cgil glielo abbia impedito. Ma torniamo al discorso di prima.
Ma se le cose stanno così, com’è che la scelta di Campo non convince? Prima di tutto per il metodo: il segretario ha risposto a quanti chiedevano le sue dimissioni dopo la debacle elettorale rivoltando il partito come un guanto. In buona sostanza scaricando sugli altri la responsabilità della sconfitta, così come aveva già fatto subito dopo che si erano appresi i risultati, quando aveva indicato le ragioni del crollo dei consensi nella performance tutt’altro che soddisfacente degli amministratori regionali candidati. Quando si perde in modo così evidente, colpe e ragioni non stanno tutte da una parte o dall’altra, e vi sarebbe stata la necessità di un’analisi assai più approfondita e condivisa.
Allo stesso modo destano perplessità le adesioni giunte alla decisione del segretario dai colonnelli del partito. Basta guardare la bacheca di Campo su facebook per rendersi conto che i sostegni più significativi alla decisione del segretario arrivano proprio dal vecchio Pd.
Valutandolo dal punto di vista puramente tattico, il rinnovamento forzato imposto da Campo ha segnato diversi punti a favore del segretario, perché giubilando le correnti, il segretario è riuscito a produrre scompiglio nella sola corrente di opposizione organizzata, ovvero i renziani. Sono profondamente distanti tra di loro la reazione furibonda del coordinatore provinciale dei comitati che sostengono il sindaco di Firenze, Michele Salatto, e quella dell’on. Ivan Scalfarotto, eletto proprio in quota Renzi. “Come ogni forma di rinnovamento – ha detto Scalfarotto -, anche l´annuncio della nuova segreteria del PD da parte del segretario provinciale Paolo Campo è un segnale incoraggiante. I risultati elettorali non sono stati positivi a Foggia, così come non lo sono stati nel resto della regione, e la decisione di affidare a un gruppo profondamente rinnovato il partito è sicuramente un primo passo nella giusta direzione.”
Se Campo voleva infliggere un colpo durissimo alla corrente oppositrice, ci è riuscito senz’altro. Ma basta accontentarsi di una vittoria puramente tattica, nel momento in cui il Pd è ai suoi minimi storici, e può essere sufficiente la “bella faccia” della nuova segretaria provinciale a risalire la china?
Temiamo di no. Per curare il malessere profondo del Pd di Foggia e provincia non basta l’estetista. Ci vuole lo psicanalista.
Views: 0
si potrebbe obiettare che anche andare appresso a Vendola non è che abbia dato risultati migliori: un misero 3, qualcosa! non è questo il punto. Il punto è che il PD è andato appresso a tanti, ancora adesso la fa con Grillo, non andando mai appresso a se stesso, alla sua vocazione di partito riformista e a vocazione maggioritaria. Era questa la sua missione quando nacque. Mera illusione, ben presto rimpiazzata dalla solita comoda ritirata nelle ridotte della sinistra mai andata oltre il 30-33%.