Virtualmente pesano 91.000 voti ovvero poco più del 28 per cento dell’elettorato provinciale. Sarebbero il primo partito della provincia di Foggia, gli scontenti della vecchia politica. Il dato è puramente teorico, d’accordo, ma ha un suo fascino: sono le cifre che si ottengono sommando i voti presi nelle recenti elezioni politiche dal Movimento 5 Stelle e quelli (presunti, e stimati proiettando sul risultato elettorale quello delle primarie del centrosinistra) della componente renziana del Pd provinciale. Numeri che crescono ancora, attestandosi attorno ai 115.000 voti e al 35-36 per cento, qualora alla dote dei grillini e dei renziani, si aggiungano i voti ottenuti da Sel e da Rivoluzione Civile.
Certo, si tratta di un puro esercizio di fantapolitica, tenendo conto che allo stato delle cose i rapporti tra Beppe Grillo, Matteo Renzi, Nichi Vendola e Antonio Ingroia sono, più o meno, quelli che intercorrono tra il diavolo e l’acqua santa.
La matematica non è però un’opinione, e i numeri certificano che gli scontenti della vecchia politica sono il primo partito della Capitanata. Il punto è che molto difficilmente questi numeri produrranno un quadro politico omogeneo, un sistema organico di alleanze. Ma è il caso che i partiti “tradizionali” ci facciano un pensierino: così, con la vecchia politica, non si può più andare avanti.
In questi giorni si è molto discusso di democrazia: ma la regola elementare della democrazia è che la maggioranza vince. Non accorgersi della virtuale maggioranza di quanti dicono no alla vecchia politica significa prendersi beffe della democrazia.
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La politica non riesce a rendere visibile ciò che oggi resta fuori dal quadro. E’ usuale e persuasiva, la lettura della società attraverso le categorie dello spazio, massificando le identità che lo occupano in una sorte di "comune" indistinto, ed è a questo "comune" che la politica indirizza il bene perseguendo il "bene comune". Quando si mette al centro il "bene comune", si centralizza una grossa sciocchezza. Il "bene comune" è il bene della classe dominante, un partito di sinistra deve mettere al centro le classi dominate, il lavoro e il disagio. Poi spetterà alla mediazione politica trovare la composizione possibile dei vari interessi.