Mentre in rete infuriano polemiche e psicodrammi, Paolo Campo, segretario provinciale del Pd, cerca di esorcizzare la sconfitta con una riflessione lunga ed articolata sul risultato elettorale di lunedì scorso. L’analisi è lucida, non sempre convincente, ma una sua ratio ce l’ha. Il fine di Campo è offrire l’immagine di un partito che, pur deluso dall’esito delle urne, non si arrende.
La nota del segretario è destinata a far discutere, e parecchio, perché pur non dicendolo apertamente, il segretario allarga la responsabilità della sconfitta molto oltre l’alveo del Pd, puntando il dito verso la Regione. A dirla tutta, Campo non parla mai di sconfitta e ricorda che nonostante tutto, al Pd è andato assai peggio nelle altre province pugliesi e che l’emorragia dei voti in provincia di Foggia è stata più contenuta rispetto a quella del Pdl. Pannicelli caldi di fronte ad un risultato che è obiettivamente una mazzata inattesa? Troppo intelligente e troppo navigato, Campo per non rendersi conto che la logica dei numeri è spietata.
La cautela sembra, piuttosto, l’inizio di una lunga e tormentata stagione congressuale.
La leadership democratica è assediata e sono saltati i consueti punti di riferimento a cominciare dalla roccaforte di Manfredonia di cui lo stesso Campo è espressione. La città sipontina negli ultimi anni ha espresso il gruppo dirigente della Quercia prima (con Michele Bordo, adesso deputato) e del Pd poi. L’altro manfredoniano, il sindaco della città sipontina, Angelo Riccardi, da sempre legatissimo sia a Bordo che a Campo ha preso in questi giorni ferocemente le distanze, chiedendo senza mezzi termini l’azzeramento dei gruppi dirigenti e manifestando pentimento per non aver sostenuto Matteo Renzi quando ci sono state le primarie. Campo risponde implicitamente a Riccardi: il gruppo dirigente è questo, e con questo si va al congresso. Ma veniamo alla nota del segretario.
“Il voto in Capitanata è insoddisfacente pur avendo una specificità positiva nel contesto critico nazionale e, ancor più, regionale, dove non cogliamo il valore aggiunto ragionevolmente atteso dall’impegno del presidente della Regione e di pezzi di governo regionale.” Così esordisce Campo. Lo strale lanciato nei confronti di Vendola è pesante, e forse una certa delusione si legge anche nei confronti di un pezzo importante del governo regionale che era direttamente impegnato in provincia di Foggia: l’assessore regionale Elena Gentile, candidata al Senato, non eletta in quanto il premio di maggioranza è scattato a favore della coalizione di centrodestra.
Poi Campo fa autocritica: “E’ prevalso il voto protestatario, originato dal profondo disagio sociale provocato dalla crisi ed enfatizzato dall’austerità imposta dal Governo Monti, a cui non abbiamo saputo offrire risposte adeguate pur avendo intrapreso prima e meglio di altri il cambiamento delle forme e della rappresentanza. Cosa che, invece, ci ha offerto un vantaggio nei confronti del PdL e del centrodestra che hanno perso molti più voti del PD.”
Tradotto dal politichese, Campo sembra voler dire: abbiamo rinnovato il partito prima e meglio degli altri, ma non abbiamo saputo dare risposte serie alla crisi economica montante. Il segretario scende poi nei dettagli: “Sull’onda del consenso delle primarie – scrive – avremmo dovuto valorizzare meglio e rendere più facilmente comprensibili e attrattive le nostre proposte anti crisi, le nostre differenze dal Governo Monti, la nostra attenzione ai soggetti sociali sfiduciati.”
Campo si consola sottolineando che “il centrosinistra ottiene il migliore risultato regionale in Capitanata, a riprova dell’impegno dei candidati, dei dirigenti e dei militanti; ma non ci si può consolare con questo.”
La conclusione rinvia alla stagione congressuale che il Partito Democratico si appresta a vivere e che, secondo il segretario, “deve essere colta per promuovere una discussione serena e severa sugli obiettivi programmatici e l’organizzazione da allestire per raggiungerli, consapevoli della radicalità dei temi esistenti e orientati alla radicale innovazione delle soluzioni da offrire.”
L’analisi è lucida, come s’è già detto, ma non c’è il pathos che invece in questi giorni si respira diffusamente in rete. Ogni cambiamento implica crisi, sofferenza. Con i calcoli e con il tatticismo esasperato, non si va lontani.
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