Intelligente come sempre, Giovanni Dello Iacovo mi “becca” a proposito del titolo (volutamente provocatorio) del post Rottamare, senza se e senza ma, e scrive: “Stavolta, caro Geppe, condivido tutto (tranne il titolo spicciativo). Penso, però, che senza l’eco delle tv e l’ammiccamento dell’establishment, al 25% MV5S non ci arrivava.”
Condivido anche io: Grillo ha goduto di un effetto mediatico “di ritorno” proprio in quanto ha rinunciato alla ribalta televisiva per così dire ufficiale, e poi si è giovato dell’effetto tam tam veicolato dalla rete, dalle chiacchiere nei bar.
È proprio su a questo aspetto che interviene, con una lucida ed articolata riflessione, Ninì Russo, uno che la politica la bazzica da sempre: “Il nuovo non viaggia solo su reti telematiche, per essere valido deve incarnarsi in testimonianze visibili, in presenze territorialmente radicate. Nell’epoca della crisi delle ideologie, con il tramonto dell’associazionismo operaio, e delle reti di solidarietà, si è tentati di sotto dimensionare l’importanza delle comunità nella loro capacità di fondare una rete di relazione forte e, attorno a questa, vivificare e dare spessore all’universo della vita quotidiana.
Con il fenomeno “Grillo” abbiamo raggiunto il massimo della vacuità, dando vita ad una rappresentanza parlamentare nuova ed evanescente senza radici, abbiamo delegato gente che nemmanco conosciamo. E’ stato sufficiente cliccare per dargli vita, una vita senza importanza, tant’è che la valanga di voti, pervenuti a Grillo dalla provincia di Foggia, non ha sortito alcun rappresentante, tanto è divenuto ininfluente il rappresentare. Queste non sono state elezioni politiche ma un referendum per ridimensionare la “Casta”. Chiunque l’avrebbe vinto. Ora però bisogna governare un Paese ed è tutta un’altra storia.”
Alla rottamazione invocata da Matteo Renzi si riferisce direttamente Giampiero Protano, componente della segreteria provinciale del Pd e sostenitore dalla prima ora del sindaco di Firenze: “Penso che il centrosinistra abbia iniziato a perdere proprio quando , in occasione delle primarie, ha “bollato” i potenziali elettori di Matteo Renzi come dei pericolosi “infiltrati” del centrodestra, respingendo gli elettori delusi di questa parte politica e dimostrando una vera vocazione minoritaria.”
Un altro che conosce a menadito i meccanismi della politica è Roberto Paolucci che affida al commento su facebook il suo pronostico sulla difficile stagione politica che il voto di domenica e lunedì ha aperto: “Il successo di Grillo è effimero. Pensiamo a costruire le nuove maggioranze affidandoci a gruppi dirigenti giovani ma preparati.”
Un altro che conosce a menadito i meccanismi della politica è Roberto Paolucci che affida al commento su facebook il suo pronostico sulla difficile stagione politica che il voto di domenica e lunedì ha aperto: “Il successo di Grillo è effimero. Pensiamo a costruire le nuove maggioranze affidandoci a gruppi dirigenti giovani ma preparati.”
Giuliano Milano commentando il post sulla bacheca facebook domanda: “Che significa rottamare? Chi bisogna rottamare? In base a che criterio?”
Le domande di Milano riconducono al “titolo spicciativo” (volutamente spicciativo) rimproveratomi da Dello Iacovo. Rottamazione – convengo – è una parola di per se stessa sbrigativa: si rottama una cosa vecchia. A prescindere. Dunque il criterio sembrerebbe – come dire – prevalentemente anagrafico. A introdurre il termine nel lessico politico è stato come si sa Matteo Renzi che credo volesse riferirsi con solo ad un cambiamento generazionale, ma a una rigenerazione radicale del “fare politica”, che è poi il messaggio – seppure confuso e populistico – che parte dalle piazze riempite da Beppe Grillo.
La tragedia dei partiti di centrosinistra è il non aver compreso che la rigenerazione non può essere interpretata da quanti hanno governato fin qui la politica. Pensateci: le classi dirigenti del Pd e di Sel sono composte più o meno dalle stesse persone che prima dirigevano i Democratici di Sinistra, la Margherita, Rifondazione Comunista. Per questo è necessario rottamare. Senza se e senza ma.
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Anche io penso che esista un problema di egemonia degli "ex". Ho provato a dirlo qui http://giovannidelloiacovo.blogspot.it/2013/02/ieri.html
Ma la strada della rottamazione, a mio parere, scavalca il tema dell'elaborazione di un progetto Paese che, invece, era avvertito dagli italiani più largamente con l'Ulivo del 1996.
Osservo che questa attitudine "visionaria" matura laddove c'è cultura politica (teoria e prassi assieme)
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