Ho seguito febbrilmente – come tutti, suppongo, credenti e non – la profluvie di immagini e di dichiarazioni che in queste ore le televisioni nazionali stanno mandando in onda sulla rinuncia del Papa. Naturalmente si sprecano i commenti sulla figura del Santo Padre, sul messaggio e sull’eredità del suo Pontificato che – credo, spero e prego – resteranno nella storia della Chiesa assai più di quanto non sembri oggi.
Ma sono rimasto attonito, per non dire basito, per la sottovalutazione (anzi se vogliamo il silenzio…) rispetto a uno dei gesti più alti e “storici” (almeno quanto le sue dimissioni) compiuti da Benedetto XVI: l’indizione dell’Anno della Fede, che è in pieno svolgimento, anche se nessuno degli opinionisti e dei commentatori sembra averne colto la portata.
L’Anno della Fede ha avuto inizio l’11 ottobre 2012, in non casuale concomitanza con il cinquantesimo anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano II, che aprì uno straordinario cammino di rinnovamento e di riforma della Chiesa Cattolica. Joseph Ratzinger lo annunciò un anno prima, nella lettera apostolica motu proprio Porta fidei. Si concluderà il 24 novembre prossimo, nella solennità di Cristo Re.
«Desideriamo – scrive il Papa, che ha concesso l’indulgenza plenaria ai fedeli che parteciperanno attivamente e convintamente alle iniziative programmate – che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, che è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia”. Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno.»
Tra i temi forti dell’Anno della Fede, ci sono il rilancio della catechesi, per «riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata» e la necessità di una “nuova evangelizzazione”, cioè l’annuncio del Vangelo ai popoli di antica cristianità, che hanno smarrito la fede o che vivono in una società secolarizzata, in cui è difficile testimoniare i valori cristiani. Pare proprio di capire che siamo tra quei popoli…
Di questa grande opportunità di conversione e di rinnovamento voluta da Benedetto XVI non si è parlato moltissimo da parte dei mass media e, a dirla tutta, la stessa Chiesa non pare stia dedicando all’evento la partecipazione e l’energia che meriterebbe. La stessa sorte era del resto toccata all’anniversario del Concilio, indicato dal Pontefice nella Porta Fidei come «una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa.»
Un antico malvezzo tende a dividere i Papi in riformatori e conservatori, in innovatori e tradizionalisti, come anche se l’esercizio della missione di San Pietro potesse catalogarsi negli schemi ideologici e politici della destra e della sinistra.
L’invito ad una “nuova evangelizzazione” e l’auspicio che “che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità” hanno una portata rivoluzionaria. Scuotono le coscienze. Che si tenda a sottovalutare tutto questo è un sintomo amaro.
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