Con la Capitanata nel cuore: il bel manifesto di De Luca

Sicuramente non sarà eletto, Giovanni De Luca, candidato foggiano del Centro Democratico di Tabacci, che sostiene Bersani. Però adesso, a bocce ferme e a urne chiuse, posso dirlo: il suo slogan, fugacemente comparso su pochi manifesti (ritengo affissi negli spazi spettanti alla lista) è una delle cose più interessanti che siano emerse da una campagna elettorale piuttosto priva di slanci e di emozioni.
La Capitanata nel cuore. Il tema è di quelli solleticanti. L’impegno politico, lo  sviluppo di un territorio sono anche una questione di cuore?
È bello se non altro porsi la domanda, perché come la si volti a come la si giri, da almeno una ventina d’anni il sentimento, se volete la passione, sono scomparsi dal dizionario di quanti si occupano dello sviluppo dalle nostre parti.
In questi ultimi lustri, le questioni dello sviluppo sono state tutt’altro che questioni di cuore: roba da ingegneri, con tutto il rispetto per quanti esercitano questa nobile professione (e con la precisazione che, come tutti i mestieri del mondo, anche quello dell’ingegnere può essere svolto non soltanto con la testa, ma anche con il cuore).

Il problema è che immaginare e costruire il futuro chiama in causa una filosofia, un metodo assai diversi da quelli che occorrono per progettare una strada, o un palazzo, e perfino un quartiere o una città. Piaccia o no implica scelte e percorsi politici, dove per politica s’intende appunto l’arte di pensare e realizzare ciò che è possibile, ma attraverso strategie profonde, che passano per la condivisione dei modelli di futuro che si vagheggiano, e dei processi che vanno innescati per farli diventare da una semplice possibilità, una realtà.
Proprio durante la campagna elettorale abbiamo vissuto episodi (la crisi delle società di gestione dei patti territoriali) che certificano la conclusione, piuttosto amara, di quella stagione della concertazione e della programmazione negoziata che tante speranze aveva fatto fiorire, sul finire degli anni Novanta. 
Dal territorio erano gemmati il contratto d’area di Manfredonia e la bellezza di sette patti territoriali. Basta guardare gli indicatori economici provinciali e riflettere sulla posizione di retroguardia che la Capitanata occupa in tutte le classifiche nazionali per capire che quella stagione che tante speranze aveva acceso, che aveva spinto molti a teorizzare addirittura di un nuovo modello di sviluppo della Capitanata, è stata la classica montagna che ha partorito il topolino.
Cos’è che non ha funzionato? Per cercare una risposta ci vorrebbe lo spazio di un libro. Ma la provocazione lanciata dallo slogan elettorale di Giovanni De Luca offre una chiave di lettura interessante. Forse, quel modello di sviluppo ha avuto le gambe ed il fiato corto proprio perché non è stato una questione di cuore: perché la politica ha rinunciato spesso alla sua funzione e perché alla fine nella stagione della concertazione (i cui soggetti protagonisti erano le istituzioni locali, le forze sociali e l’impresa) alla fine si è concertato poco. 
Le imprese hanno fatto le imprese raramente “avendo a cuore” i problemi generali del territorio. Le istituzioni hanno continuato ad essere gli sportelli della spesa pubblica, controllando poco e male come questa veniva utilizzata.
La stessa “mancanza di cuore” è stata palesata da quelli che sono poi i protagonisti più importanti ed evidenti di qualsivoglia sviluppo: gli imprenditori. Investire in un certo territorio “con il cuore” significa immaginare per il nuovo stabilimento che si va ad insediare un percorso di radicamento, lavorare perché attorno ad esso possa nascere un indotto di attività complementari che riduca i costi di produzione. E non è un caso che le non molte imprese che sono riuscite comunque a mettere radici si siano comportate proprio così.
In troppi altri casi, invece, l’investimento è stato determinato da ragioni di convenienza e di calcolo fini a se stesse: si è guardato, per dirla fuori dai denti, soltanto agli incentivi pubblici e non a come l’attività potesse spiccare il volo.
Com’era accaduto negli anni Sessanta con lo sbarco sul territorio delle Partecipazioni Statali, tutto sommato anche nella stagione della programmazione negoziata il modello dello sviluppo è stato calato dall’alto, senza che venisse metabolizzato, compreso, discusso, controllato dalla comunità civile.
Negli anni Sessanta, se non altro, seppure imposto dall’alto il modello di sviluppo veicolato dalle Partecipazioni Statali venne bene o male attuato o mediato dalla politica. Con la concertazione non è accaduto nemmeno questo. 

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Author: Geppe Inserra

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