Hanno riscosso un grande interesse i due post che Lettere Meridiane ha dedicato alla Giornata della Memoria: l’e-book che pubblica il memoriale di Giovanni Roselli, il foggiano sopravvissuto i campi di sterminio nazisti e la bella iniziativa della Biblioteca Provinciale di Foggia che ha ritrovato e reso pubblici i nomi dei 106 cittadini della Capitanata vittime dei lager.
È confortante, questa attenzione verso il nostro recente passato: conoscere chi siamo stati, ci aiuta a comprendere meglio chi siamo: l’identità è un prezioso strumento di futuro.
E poi, da una storia fioriscono altre mille storie, come quella – molto bella – raccontata da Girolamo Arciuolo a commento del post in cui Lettere Meridiane dava notizia dell’iniziativa della Biblioteca.
“Emozionante – scrive l’amico lettore -. Io sono di Monte S. Angelo. Occorrerà organizzare immediatamente una verifica e una serie di iniziative dedicate ai caduti montanari.
Mia madre, che non c’è più, nel 1942 aveva 14 anni e per farla allontanare dai rischi della guerra (i miei nonni erano assegnatari di un fondo agricolo ONC vicino all’Amendola che era costantemente sotto attacco), partì con una sua zia (Zia Giuseppina), moglie di un Carabiniere (Zio Lorenzo) di stanza ad Aosta. Il tutto mentre si stava preparando lo sbarco degli Americani ad Anzio e in Sicilia. Sta di fatto che avrebbe dovuto rimanere una sola stagione estiva, ma rimase ad Aosta per ben tre anni.
Rimase circa tre anni nelle case popolari di Aosta abitate da immigrati veneti e calabresi che lavoravano nelle miniere di Cogne.
Lo Zio carabiniere dopo l’8 settembre riparò in montagna e si unì alle formazioni partigiane. Mia madre con una sua amichetta coetanea attraversava i posti di blocco a bordo di una bici e si avventurava periodicamente in luoghi prestabiliti e portava biancheria di ricambio e roba da mangiare a questo suo Zio. Lei era veramente troppo piccola e non destava sospetto. oramai parlava con perfetto accento valdostano e raccontava che tornava a casa e così non correva troppi pericoli.
Mia madre – conclude Arciuolo – ha sempre espresso un fortissimo, viscerale sentimento antifascista e si commuoveva e ci commuoveva sempre quando raccontava dei partigiani impiccati agli alberi di una piazza di Aosta. di quanto erano “bei giovani”. Ci raccontava anche dei contadini dei masi, spesso affetti da cretinismo uccisi dai repubblichini, perché, aggiungeva sempre, erano “peggio dei tedeschi”. La Storia, anche quella importante ed eroica ti passa accanto, come nel caso di questi nostri concittadini più sfortunati.”
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