La senatrice foggiana Colomba Mongiello ha ritirato il ricorso contro la lista pugliese dei candidati del Pd alla Camera, presentato dopo la sua “retrocessione” dal tredicesimo al quindicesimo gradino della lista, per far posto a due “personalità” decise dalla direzione nazionale.
La decisione è comprensibile, così come comprensibile era stata l’amarezza della parlamentare uscente che aveva fatto scattare l’iniziativa. Il ricorso aveva poche possibilità di essere accolto, visto che già prima che si svolgessero le primarie per i candidati al parlamento, la direzione nazionale si era riservata di designare il dieci per cento dei candidati nelle posizioni utili della lista. Il ritiro è un gesto di distensione che però difficilmente riuscirà a restituire serenità al Pd di Capitanata.
L’asse tra Manfredonia e Foggia è andato in frantumi, dopo la presa di distanza del segretario provinciale Paolo Campo e dell’on. Michele Bordo, entrambi sipontini.
Resta il rischio, molto concreto che la decisione romana vanifichi le preferenze che 5.670 elettori avevano attribuito alla senatrice. Il quindicesimo gradino della lista non esclude la possibilità dell’elezione, ma neanche la rende probabile. Dipenderà tutto dal risultato elettorale della coalizione, e dai rapporti di forza dei partiti all’interno della coalizione.
A uscirne ridimensionate sono proprio le primarie. Basterebbe tutto questo a indurre una qualche più seria ed approfondita riflessione sulle primarie, sulla loro reale utilità. Possono funzionare se si tratta di indicare il candidato premier. Ma sono inutili e perfino rischiose, quando si devono designare i candidati “territoriali”. E la tanto sbandierata quota del 10 per cento che la direzione ha riservato a se stessa per designare le cosiddette personalità è assurdamente alta. È in coerenza più con lo spirito del porcellum, che con quello dei gazebo.
Quel dieci per cento è equivoco, ambiguo e sbaglia di grosso chi dice che il 90 per cento dei parlamentari del Pd sarà designato dal popolo delle primarie. La riserva del 10 per cento grava infatti sui posti della lista utili alla elezione, il che significa che quando si tireranno i conti, la direzione avrà deciso una percentuale ben maggiore. Per fare una ipotesi, se il Pd dovesse vincere le elezioni e conquistare la metà dei seggi alla Camera, il 20 per cento sarebbe stato deciso dalla direzione. Che non è per niente poco.
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