La sera dell’11 gennaio, mentre stavo fumando al balcone l’ultima sigaretta della giornata, ho percepito un baluginio nella veranda al quarto piano del palazzo di fronte. Era un presepe.
Ho guardato gli altri balconi, le altre finestre che fino a qualche giorno prima brulicavano di luci natalizie. Niente. Il buio più pesto. Quel presepe che timidamente emetteva i suoi segnali luminosi era l’ultimo del rione. Tutto il resto smontato e riposto: grotte, mangiatoie, re magi, asinelli, buoi e bambinelli, stelle comete ed alberi di Natale.
Secondo la tradizione, il presepe andrebbe montato il giorno della festa dell’Immacolata e smontato in quello della presentazione di Gesù al Tempio, che coincide con la festa della Candelora, ovvero il 2 febbraio. La presentazione del Nazareno ai sacerdoti del Tempi è uno degli episodi più struggenti del Vangelo: offrendolo, Maria se ne distacca, rinuncia a lui, e nello stesso tempo comincia per suo Figlio il percorso verso la Passione.
Come sempre accade quando si ha a che fare con la cosiddetta cultura immateriale. le date non sono casuali: in quanto rappresentazione della Natività, il presepe accompagna e scandisce i momenti salienti di questo grande mistero della fede cristiana. Non è casuale che all’inizio ed alla fine del periodo di esposizione del presepio ci siano due festività in cui per tradizione si accende il fuoco, simbolo di luce e di purificazione: i falò l’8 dicembre, le candele il 2 febbraio.
Ma già l’11 gennaio, dei presepi che dovrebbero durare fino alla Candelora, non c’è più traccia alcuna. Si sono perdute le cadenze di un tempo. Si è perso il senso, il significato del rito.
L’incoerenza temporale non riguarda soltanto la data di smontaggio, ma anche quella di allestimento: al giorno d’oggi alberi di natale e presepi si allestiscono un sacco prima. Ma chi lo decide? Chi ha soppiantato il rito che aveva senso e scandiva significati profondi? Semplice: i centri commerciali, le boutique, i negozi.
Passato qualche giorno dalla festa dei defunti, ecco che già compaiono le prime luminarie. E tutti noi che ci affrettiamo ad imitare.
Il fatto è che le date della tradizione sono giustificate da significati profondi (come i riti del fuoco e della luce), e per questo una volta svolgevano importanti funzioni sociali e culturali., mentre i ritmi di allestimento e di smontaggio degli addobbi natalizi della Mongolfiera sono regolati da logiche di mercato.
Fino a ieri pensavo vivessimo nella società del tempo reale. Schiacciati in un presente dove tutto accade in diretta, ma pur sempre nel presente. Le fioche luci di quello sparuto presepe nel palazzo di fronte mi hanno fatto rendere conto che invece viviamo ormai nella società del tempo anticipato. Come in un’eterna vigilia, in un eterno sabato del villaggio.
I tempi del mercato si sovrappongono a quelli della moda. Una volta a Natale si compravano le sciarpe, oggi manca poco di vedere sugli scaffali i costumi da bagno. E non è per niente un caso che l’Epifania quest’anno abbia coinciso con l’inizio delle svendite. I Re Magi hanno portato i saldi.
L’importante è comprare. E farlo prima possibile, anche perché le primizie, si sa, costano di più. Ostentarle è uno status symbol.
E chi non può permetterselo? Dovrà attendere la stella cometa che annuncerà l’inizio della svendita.
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