Ho apprezzato molto quanto ha detto, con rara capacità di sintesi, il presidente della Fondazione Banca del Monte, Francesco Andretta, intervenendo al triduo di lode e di ringraziamento in onore di don Antonio Silvestri.
Andretta ha parlato della mancanza di memoria della città di Foggia, sottolineando (giustissimo) come il fenomeno sia dovuto ad eventi tragici che ciclicamente hanno cancellato, anche fisicamente, i ricordi, determinando la rimozione di “pezzi” d’identità, spesso sostituiti da altre identità.
Emblematico quanto è accaduto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, con i bombardamenti che hanno ucciso decine di migliaia di foggiani, e la città rinata e cresciuta nei decenni successivi, per effetto dell’impetuosa immigrazione dagli altri centri della provincia.
“A Foggia mancano i racconti dei nonni”, ha chiosato Francesco, con una immagine tanto bella quanto suggestiva. Quest’assenza di ricordi sprigiona anche una difficoltà della città nel raccontarsi: basti pensare a quanto sparuti siano i racconti foggiani. Per questo mi pare ancora più interessante il fenomeno che sto registrando da qualche mese e di cui mi sforzo di dare conto in Lettere Meridiane: la nascita di un’autorialità foggiana, evidente soprattutto nel cinema, con epigoni come Antonio Silvestre, Carlo Fenizi, Lorenzo Sepalone, Guido Di Paolo, Carlo Della Pace, Giuseppe Guiduccio, Marco Adabbo, Edgardo Longo. La Luna è sveglia di Lorenzo Sepalone è un piccolo capolavoro che mostra come sia possibile una narrazione foggiana, una riflessione sulle identità possibili, senza mai scadere nello stereotipo. Ne parlerò più diffusamente nei prossimi giorni.
In altri luoghi la mancanza dei “racconti dei nonni” ha prodotto una letteratura monumentale (penso agli Usa) che ha costituito e costruito l’identità (penso a Walt Withman, William Faulkner). A modo suo l’identità più vera di Foggia sta forse proprio in questo sovrapporsi di culture e di memorie. com’è tipico della civiltà di frontiera. (Savino Russo ha scritto di recente alcune considerazioni molto interessanti su questo).
Valorizzare questa novelle vague foggiana potrebbe essere il primo passo per colmare il gap della narrazione, la difficoltà di raccontarci.
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