Meno pugliesi, meno foggiani. Monti Dauni a rischio desertificazione. Le proiezioni demografiche dell’Istat disegnano una prospettiva inquietante per tutta la Puglia. La crescita zero è ormai una realtà. In Capitanata una situazione lievemente migliore, ma non basta ad assicurare la sopravvivenza dei piccoli comuni.
Come saremo tra cinquant’anni? Molti di meno, prima di tutto, probabilmente più multietnici. Con il concreto rischio di una irreversibile “desertificazione” dei comuni più piccoli.
Sono i dati che si ricavano dalla indagine svolta dall’Istat, che ha effettuato una serie di proiezioni demografiche ipotizzando lo scenario della popolazione nel 2065. Incrociando i dati Istat relativi alla Puglia con gli scenari demografici disegnati da due recenti indagini del Sole 24 Ore e dell’associazione Meglio Foggia, cerchiamo di capire che cosa potrà succedere nei prossimi decenni.
Cominciamo dai dati dell’Istituto Nazionale di Statistica che interessano la Regione Puglia. Lo scenario che si prefigura è quello di un vistoso calo demografico: i cittadini residenti in Puglia sono attualmente 4.091.259. Secondo le stime dell’Istat, si ridurranno nel 2065 a 3.173.569, con un calo di 917.690, pari al 23% della popolazione attuale. Crescerà l’età media della popolazione, buona parte della quale sarà ultracentenaria: oggi i fortunati che superano il secolo di vita sono soltanto 805, ma diventeranno la bellezza di 20.098 nel 2065.
Come si è già detto, saremo molti di meno rispetto ad oggi, più anziani, ma anche più multietnici: la popolazione residente straniera quasi si triplicherà, passando dalle 95.709 unità di oggi alle 288.913 unità stimate per il 2013, con una crescita di 193.204 unità.
La popolazione pugliese diminuirà sia per effetto della crescita zero, sia per la persistenza di un consistente fenomeno migratorio. L’appuntamento con la temuta crescita zero è ormai prossimo: l’Istat prevede che fino al 2012 si manterrà attivo il saldo tra nati e morti, che è stato per quest’anno di 1622 unità, è stimato a 682 unità per il prossimo anno, ma comincerà ad esporre il segno meno già a partire dal 2013, con -290 unità. Il fenomeno andrà crescendo costantemente (e quasi esponenzialmente) nel tempo, fino a raggiungere nel 2065 la cifra di 28.239. Il che significa che continueremo a decrescere al ritmo impressionante di meno 30.000 pugliesi l’anno.
Il fenomeno migratorio seguirà invece una curva diversa, crescendo nel tempo, ma ad un certo punto attenuandosi, fino ad invertirsi. Il saldo migratorio totale (ottenuto sommando algebricamente i pugliesi che si sono trasferiti in altre regioni d’Italia o all’Estero, con quanti sono venuti in Puglia da altre regioni d’Italia o dall’esterno) è negativo al 2011, anno d’inizio della serie storica: la popolazione è calata di 2.569 unità. Ma il trend negativo si attenuerà anno dopo anno, fino a raggiungere il primo saldo positivo nel 2040. Da quest’anno in poi il saldo migratorio continuerà ad essere positivo fino a raggiungere le 2.355 unità nell’anno conclusivo della serie storica. Come a dire che saremo “di meno”, ma anche meno pugliesi, dal punto di vista etnico e delle radici culturali.
Questo il quadro, non particolarmente confortante, che l’Istat disegna per la nostra Regione. E Foggia e la Capitanata? Riusciranno in qualche modo a sottrarsi all’autentica emorragia demografica che si prospetta? Purtroppo no, anche se il fenomeno potrebbe essere più attenuato nella Puglia settentrionale, rispetto al resto delle regione. Stando infatti agli indicatori della indagine sulla qualità della vita, la provincia di Foggia è quella che presenta il miglior tasso di natalità, con 9,39 nascite all’anno per mille abitanti. Segue subito a ridosso Taranto, con 9,38 nati vivi, quindi Brindisi con 8,48, Lecce con 8,45. La situazione più difficile è quella che si profila nel capoluogo regionale, con solo 7,01 nati ogni mille abitanti.
Foggia capeggia anche la classifica regionale che riguarda la percentuale di popolazione residente immigrata, con 3,21% sul totale della popolazione. La Capitanata è seguita da Bari con 2,48%, quindi Lecce con 2,18%, Brindisi con 1,84% e Taranto con 1,56%.
Il saldo della popolazione è comunque negativo, come dimostrano i dati statistici dell’indagine di Meglio Foggia, che riguardano esclusivamente la città capoluogo ma hanno una valenza generale, almeno per quanto riguarda il trend. La popolazione foggiana cala, come dimostra la serie storica (riferita al decennio 2001-2010). All’inizio del millennio a Foggia abitavano 155.188, che si sono ridotte a 152.747 nel 2010. Decresce la natalità (1.634 nati vivi all’inizio della serie storica, 1.457 alla fine) mentre sale la mortalità (1.029 deceduti nel 2001, 1.457 nel 2010). Di questo passo siamo prossimi alla crescita zero, che potrebbe essere raggiunta tra un anno o due, proprio come stimato dall’Istat. Il 2010 ha fatto registrare 1.457 nascite e 1.311 morti.
Negativo è anche il saldo migratorio che sembra essere la vera ragione della decrescita demografica manifestatasi nel decennio. Come si è visto per le stime Istat, però questo fenomeno sembra destinato a rientrare. Il tasso di emigrazione ha fatto registrare nel decennio una curva, più che una linea retta. Gli emigrati (ovvero i foggiani che lasciano la loro città) erano 2.174 all’inizio del decennio. Hanno raggiunto nel 2005 la cifra record di 3.047 unità, per ridursi a 2.226 nel 2010. Una curva ha fatto registrare anche l’andamento delle immigrazioni: 1.166 nel 2001, hanno raggiunto 2.116 unità nel 2007 (quasi pareggiando il numero di emigrati che quell’anno fu di 2.281 unità), si sono attestati a 1.868 nel 2010.
Fin qui i dati, assai poco incoraggianti che denotano comunque una situazione in provincia di Foggia leggermente migliore rispetto al resto della Puglia. Ma se anche il capoluogo sembra aver imboccato la strada della decrescita demografica, la prospettiva per le aree demograficamente più critiche del territorio provinciale è addirittura drammatica. Ci riferiamo in particolare alle aree interne dell’Appenino Dauno e in parte anche del Gargano. Se la desertificazione sembrava un rischio, con questi dati sembra destinata a diventare un’amara realtà, già dai prossimi decenni.
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