Nel dibattito culturale sempre più asfittico che caratterizza il capoluogo dauno, va registrata anche la pressoché totale assenza di iniziative per ricordare il cinquantesimo anniversario del Concilio Ecumenico II. Questo silenzio è specchio dei tempi: mezzo secolo fa, ben altra atmosfera si respirava a Foggia, sia sul versante della comunità laica, sia su quello della Chiesa.
Come in altre occasioni, però, a supplire all’assenza di iniziative pubbliche ci pensano i social network. Facebook ha ospitato, in questi giorni, un vivace quanto appassionato dibattito, ad iniziativa di Savino Russo, in passato Responsabile Diocesano di giovani dell’Azione Cattolica. Le riflessioni collettive suscitate dalla nota di Savino sono tra l’altro la conferma che Facebook non serve solo a… cazzeggiare ma anche ad affrontare questioni serie, e contribuisce sempre di più a creare l’opinione pubblica. Anche se si tratta di una opinione pubblica sempre più disorientata.
Com’è nel suo stile, la nota di Savino Russo è lucida, ma amara al tempo stesso.
“Si sono aperte in pompa magna – scrive Russo – le iniziative per celebrare i 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II e non riesco a mettere da parte un senso di malessere, di sorda acrimonia che mi assale nel leggere e sentire la marea montante di ipocrite dichiarazioni su quella che è stata definita la “primavera della Chiesa” e che invece è stata mano a mano, pezzo per pezzo, parola per parola, interpretazione “autentica” per interpretazione “autentica”, gelata e raggelata dalla normalizzazione e dalla banalizzazione. Io che quella primavera l’ho vissuta e studiata e in lei ho creduto – guidato da “pretini” (cretini?) più bravi e più buoni e più generosi di me – non posso non dimenticare le speranze, le convinzioni, l’adesione forte e convinta ad una “antica” verità che ci veniva finalmente rivelata in tutta la sua rivoluzionaria e antica genuinità: una Chiesa-comunità fondata su Gesù e sulla Parola, in cui ciascuno aveva diritto di veder riconosciuto il proprio carisma e il dovere di metterlo al servizio di tutti; una gerarchia che deriva il suo compito di guida non da meccanismi di potere e dall’autoritarietà, ma dalla naturale “trasparenza” di chi guida perché si lascia guidare da un Altro (e gli altri, la comunità, lo percepiscono…).”
IL CONCILIO? HA DETTO COSE IMPORTANTI MA…
“Quanta amarezza, quanta rabbia – prosegue Savino Russo – sentire fino a ieri il primo pretonzolo o fraticello di turno che – facendo boccuccia – faceva lo scienziato: “Certo, certo… il Concilio ha detto cose importanti , ma…”.E giù la sua personale interpretazione “autentica”… Che stupido o che bravo che sono stato: io i documenti del Concilio li ho imparati quasi a memoria, uno per uno. Rimettendoci di mio (chi conosce la mia storia personale lo sa bene…), ma convinto ancora oggi che in quanto battezzato sono anch’io re, profeta e sacerdote. E questa è una dignità che il Concilio mi ha dato e che non mi potrà scippare nessuno…”
A dir la verità, alla “provocazione” di Savino, un autentico sanno gettato nell’acqua stagnante di una comunità ecclesiale che raramente discute e si confronta, hanno risposto più laici che non cattolici.
“La nota è bella e appassionata, anche giustamente sarcastica e quello in cui hai creduto – risponde Raffaele de Seneen – vale in quell’ambiente di cui non molto so, e anche fuori, dove pensavo che…. , invece, giorno dopo giorno, contatto umano dopo contatto umano, mi accorgo che ne so ancora meno. Forse occorre passare dal Concilio al ri-Concilio… con se stessi e con gli altri.”
Non mancano però punti di vista espressi da cattolici, come Sebastiano Iervolino che scrive: “I popoli evangelizzati nei secoli scorsi ora hanno bisogno di essere rievangelizzati, non sono bastati tanti secoli di cristianesimo a dare stabilità alla cultura cristiana. Anche per un Concilio come questo, colmo di tante attese di novità e di rinnovamento, non bastano 50 anni perché si completi il suo corso. C’è ancora necessità di tanta pazienza, di intelligenza e di fede.”
FORSE È NECESSARIO RI-CONCILIARCI
Un altro intervento che giunge da un punto di vista decisamente laico è quello del presidente dell’ordine dei medici, Salvatore Onorati: “questa è una nota che mi fa ricordare il mio “professore” di filosofia del liceo. Anni magnifici di discussioni e di letture fatte forse da banchi diversi dai tuoi, ma con la stessa passione e la stessa voglia di cambiare il mondo. Non so quanto siamo stati tutti “normalizzati”, so, però che esistono ancora persone che ci hanno creduto e che ci credono ancora, nonostante tutto e nonostante i tanti “fraticelli” con addosso tonache di colore diverso, ma sempre “fraticelli” (con il dovuto rispetto per i fraticelli veri e senza virgolette). Questa nota mi piace e mi “riconcilia” con il mondo perché mi ha fatto vedere che esistono ancora persone con cui si può ancora continuare a sperare.”
La provocazione di Savino Russo accende anche gli animi dei cattolici e così i commenti alla sua nota ssumono i contorni di un vero e proprio serrato confronto. Interviene Daniele Demetrio D’Aco: “E’ cambiato un clima. Negli anni del Concilio e del postconcilio, fino alla fine degli anni ’80, la Chiesa ha manifestato maggiore fiducia nei doni dello Spirito. Oggi invece siamo di fronte a una Chiesa impaurita, che si trincera in difesa e si pone meno il problema del dialogo con i lontani perché, in buona parte, ha perso innanzitutto il contatto con i vicini…”
A D’Aco risponde Iervolino: “A me invece pare che attualmente la Chiesa di stia preoccupando dei vicini che stanno diventando lontani, perché sempre di più si assottiglia la differenza tra vicini e lontani… l’attuale nuova evangelizzazione va in questo senso..
COME COMUNICHIAMO LA NOSTRA FEDE?
Maurizio Tardio coglie lo spunto offerto dalla nota di Russo per una riflessione, appassionata ed interessante, su un tema che riguarda tutti i cattolici: ““Che ne è della nostra fede? In che misura sappiamo noi oggi comunicarla?”.
“In preparazione a un incontro-dibattito – dice ancora Tardio -, sto approfondendo la lettura del decreto conciliare Inter mirifica. Straordinario testo che rimanda, a mio avviso, a una “testimonianza” che deve farsi militante piuttosto che trionfante.
Il Concilio Vaticano II è stato annebbiato dai fumi profumati dei turiboli. E la nebbia non ha permesso di liberare in volo la “fantasia”, secondo una definizione cara al cardinale Martini. Si è preferito, perché più comodo, continuare a condannare, o nei migliori dei casi a separare, invece di dialogare. Si sono benedette “dicotomie” ed esorcizzate “ecunemie”. Eckhart sosteneva: “Prego Iddio che mi liberi di dio”. Cioè di un dio burocratizzato, stretto negli spazi angusti di un moralismo da sacrestia e della conservazione di una realtà pinzochera che comunica solo in un rapporto piramidale, esaltando l’ipocrita realtà del “baciapile troppo pio, molto in chiesa poco con Dio” (e con gli uomini).
Non è dello stesso avviso Sebastiano Iervolino, che replica a Tardio: “Mai come in questi decenni la Chiesa si è posta in dialogo con tutti, ma questo non significa dare ragione a tutti. Ma sembra essere proprio la tensione al dialogo, o più precisamente come dialogare, il tema che maggiormente appassiona i cattolici, cinquant’anni dopo il concilio, ed è forse questa la spia che tanto ancora si deve fare per dare concretezza a quello che venne definito lo spirito del concilio. Suylla questione interviene di nuovo Tardio: “Temo che la difficoltà al “completamento del corso” a 50 anni dal suo evento sia che il dialogo si è fatto “affermazione” non “conciliazione”…”
La conclusione è dello stesso Savino Russo: “Io, ripeto, ho la mia storia e vorrei capire perché per esempio è stata liquidata quella straordinaria scuola di laicato consapevole e maturo che è stata l’Azione Cattolica postconciliare. Divenimmo da un giorno all’altro …inaffidabili, o forse non più utili, a causa della scelta “religiosa” portata avanti da presidenti come Vittorio Bachelet. E fu così che CL prese piede…”
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