Irredentismo Dauno: l’incredibile storia delle Isole Pelagose

“Palagruža” di KyknosOpera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0
tramite Wikimedia Commons – 

Chi leggendo il titolo di questo post ha fatto un salto sulla sedia, si rassicuri. Stiamo scherzando, o quasi. Quella che stiamo per raccontarvi non è una storia di rivendicazioni territoriali, ma piuttosto una storia dimenticata, che di tanto in tanto affiora all’attenzione dell’opinione pubblica per poi tornare nell’oblio.

Isole Pelagose: un piccolo arcipelago oggi in terra, anzi in mare, croato, ma che faceva parte una volta della provincia di Foggia. L’accesso era fino a qualche anno fa vietato dalla Croazia, ma oggi è consentito: qui informazioni su come visitarle. Oggi disabitate, le isolette segnano idealmente il confine tra il mare italiano e quello della ex Iugoslavia: le isolette sono situate giusto in mezzo all’Adriatico a 46 km dall’Isola di Pianosa che appartiene amministrativamente alle Tremiti, ed alla stessa distanza da quella di Cassa, che rappresenta il primo e proprio insediamento che si trovi navigando verso la ex Iugoslavia. In linea d’aria, il punto più vicino alla costa italiana è Peschici, e nei giorni in cui la visibilità è buona, puà capitare di scorgerle, che si stagliano nel bel mezzo del mare.
Una posizione strategica ma anche scomoda, che torna periodicamente d’attualità, quando i pescherecci di Manfredonia “sconfinano” nelle acque croate, esponendosi al sequestro e al pagamento di multe particolarmente salate.

In realtà, non si tratta di un vero e proprio sconfinamento, e forse la vicenda dovrebbe essere una volta per tutte chiarita dalle diplomazie dei due Stati interessati. Anche questo aspetto del problema discende dalla particolarissima storia dell’arcipelago che andiamo a raccontarvi, e che qualcuno vorrebbe “riconquistare” allo Stato italiano.
Il trattato di pace dimenticato
Lo “status” particolare della navigabilità delle acque adiacenti l’arcipelago discende dal Trattato di Pace di Parigi tra l’Italia e le Potenze Alleate firmato il 10 febbraio 1947, dopo la seconda guerra mondiale. All’art. 11 comma 2, il patto stabilisce la cessione alla Jugoslavia della “piena sovranità sull’isola di Pelagosa e sugli isolotti adiacenti”, aggiungendo che l’isola di Pelagosa sarebbe rimasta smilitarizzata.
Lo stesso Trattato di Pace – come scrive Wikipedia – stabilì anche che i pescatori italiani avrebbero goduto “gli stessi diritti a Pelagosa e nelle acque adiacenti di quelli goduti dai pescatori jugoslavi prima del 6 aprile 1941” (ossia il diritto, in base agli “Accordi di Brioni” del 14 settembre 1921 e agli Accordi di Nettuno del 20 luglio 1925 tra il Regno d’Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, di pescare con non più di 40 barche di stanza a Lissa e in determinati specifici periodi).
In tacita applicazione di questo trattato, – scrive ancora Wikipedia – le acque di Pelagosa sono ancora oggi visitate da numerosi pescherecci italiani, nonostante si tratti di acque territoriali croate. E non senza incidenti di percorso, come quello che qualche giorno fa ha visto protagonista il motopeschereccio “Destriero” sequestrato dalle autorità croate, con l’accusa di aver sconfinato ed  illegalmente pescato.
Sulla possibilità che il trattato di pace sia ancora vigente e funzionante, qualche perplessità si può nutrire. Venne firmato infatti dall’allora Iugoslavia: con la crisi dei Balcani, dal 1991, le isole del piccolo arcipelago sono divenute croate, e occorrerebbe che venga intrapresa un’azione diplomatica verso il paese “dirimpettaio” per garantire il rispetto di quanto statuito dal Trattato.
In realtà, la particolarità di questa norma discende dall’incredibile storia vissuta dall’arcipelago, che figura nell’elenco dei “territori irredenti”, ovvero di quei pezzi di Italia o ex Italia che vengono di tanti in tanto rivendicati a diverso titolo. Non ha dubbi, il sito più autorevole in materia, Irredentismo.it, che calcola in circa 21.000 metri quadrati i territori che mancano all’Italia. 
Gli irredentisti tifano per le Isole Pelagose
Tra questi trovano posto anche le tre isolette pelagose, che del resto fanno territorialmente parte, oggi, di quella Dalmazia che rappresenta la più grande spina nel fianco per gli irredentisti. Rispetto alla più generale ed antica querelle con la Dalmazia, però, le Pelagose hanno un paio di ulteriori peculiarità: fin quando sono state abitate, lo sono state sempre da italiani (o da pirati…). Ed inoltre fanno parte della piattaforma marittima italiana, ovvero sono più italiane che non croate (il che forse sarebbe un motivo in più per spingere sulle autorità croate, affinché venga conclamato il diritto alla navigazione ed alla pesca, riconosciuto dal Trattato di Pace.
Il sito ha l’indubbio merito di offrire una documentazione ricca, e coinvolgente, su quel che è stato, ed oggi non è più, questo pezzo di Adriatico che faceva una volta parte della provincia di Foggia, portando alla luce aspetti sconcertanti, come lo sconcertante errore di Casa Savoia che, annessosi il Regno delle Due Sicilie, dimenticò di far altrettanto con l’arcipelago, che restò per molti decenni abbandonato a se stesso.
Raccontiamola, dunque, questa storia che affonda le sue origini nelle epoche più remote. Le isole erano già note in età preistorica, come attestato dal rinvenimento di tumuli e tombe ad opera degli archeologi Carlo de Marchesetti e Richard Burton nel 1875.
Conosciute fin dall’epoca romana col nome di Pelagusa, le isole mostrerebbero tuttavia nel loro nome un’etimologia greca che allude alla loro posizione al centro dell’Adriatico (dal greco “pelagos”, ossia “mare”). Meno accreditata è la versione di alcuni geografi che vi vedono un riferimento all’antica popolazione dei Pelasgi. Una leggenda narra che sarebbe Pelagosa, e non le Tremiti. l’isola in cui fu sepolto Diomede: nell’arcipelago sono state comunque rinvenute notevoli ceramiche greche.
Quando i Savoia si dimenticarono di annettersi l’arcipelago
Declinata la potenza di Roma (di cui rimangono tracce di un tempio) e rimaste di nuovo disabitate, le isole ebbero nel Medioevo la prima visita eccellente. Il 9 marzo 1177, mercoledì delle ceneri, secondo alcune fonti ecclesiastiche il Papa Alessandro III sbarcò a Pelagosa nel corso di un suo viaggio nell’Adriatico, attratto dalla bellezza selvaggia dell’arcipelago.
Le isole appartennero poi alla Serenissima, che però non vi installarono alcuna popolazione e non esercitarono alcuna sovranità se non per contrastare il nobile Lusignan, che aveva trasformato Pelagosa Grande da un luogo di esilio ad una fortezza munita che ostacolava la pesca nella zona.
In seguito l’arcipelago di Pelagosa fece parte del Regno delle Due Sicilie e costituì l’avamposto più remoto nell’Adriatico. Amministrativamente fu riunito alla provincia della Capitanata (il vecchio nome della provincia di Foggia), alla quale appartenne fino alla caduta dei Borboni (1861).
A Pelagosa si parlava il napoletano (dialetto ischitano): questo è spiegabile in quanto l’isola fu ripopolata (assieme alle vicine isole Tremiti) da Ferdinando II del Regno delle Due Sicilie nel 1843 con pescatori provenienti da Ischia, che vi continuarono a parlare il dialetto d’origine. Con l’avvento del Regno d’Italia l’incuria e l’inefficienza delle nuove istituzioni nazionali fecero si che i pescatori emigrassero tutti entro la fine dell’Ottocento. L’annessione del Regno delle Due Sicilie alla nascente Italia non portò bene alle Pelagose: i Savoia dimenticarono infatti di annetterselo, e abbandonarono le isole al loro destino. Ed è questo che provoca il risentimento degli “irredentisti” che nel loro sito ricostruiscono le alterne vicende dell’arcipelago. 
“Nel 1891 – vi si legge –  il deputato Imbriani porse l’attenzione di Pelagosa al presidente del Consiglio Di Rudinì, ma la questione non fu portata avanti. Gli Asburgo, col beneplacito di casa Savoia, se ne impossessarono nel 1873.”
Il geografo Baldacci: i nostri politici non sanno cosa siano le Isole Pelagose
Per oltre quarant’anni le isole restarono in mano austriaca, fino a quanto, come precisa ancora il sito, “i nostri marinai la riconquistarono l’11 luglio 1915 e il tricolore sventolò per 32 anni consecutivi.”
Ma senza che ci si accorgesse particolarmente del prezioso ritorno. “Sono molti, e fra questi anche uomini di governo, che non hanno mai saputo che cosa siano le Pelagose, dimenticate dagli italiani, come il mare nel quale esse sorgono”, scriveva nel 1911 il professor Antonio Baldacci. Chissà che penserebbe oggi, l’illustre geografo, sull’assedio che l’Adriatico sta subendo, ad opera delle compagnie petrolifere. 
Ma riprendiamo la nostra storia. L’arcipelago di Pelagosa tornò così ad essere italiano, ma cambiando giuridizione amministrativa, ed è anche questo un particolare sconcertante, su cui varrebbe la pena indagare. Non fu più attribuito alla provincia di Foggia ma addirittura a quella di  Zara  e venne fatto rientrare, amministrativamente, nel territorio comune di Lagosta. 
Il resto è storia recente, e si intreccia con il Trattato di cui abbiamo parlato all’inizio. Rimasto in territorio dalmato dal 1920 al 1947, l’arcipelago passò alla Jugoslavia con la conclusione della seconda guerra mondiale e, con la scomparsa dello stato federale slavo, alla Croazia. 
Il sito degli irredentisti dipinge l’arcipelago come una specie di paradiso: “Le isole, incontaminato giardino botanico (spiccano 16 varietà di piccole orchidee e 160 specie di fanerogame) e, al contempo, scrigno archeologico, risultano inaccessibili a viaggiatori, turisti, curiosi, studiosi e giornalisti. I fondali attorno ad esse sono un vero paradiso subacqueo. L’isola maggiore è Pelagosa Grande, con i 116 metri d’altitudine di monte Castello. Sulla vetta domina un imponente faro, inaugurato dagli austriaci il 20 settembre 1875, costituito da una torre ottagonale. Si presenta come un vasto edificio a cui sono annessi un osservatorio meteorologico, una chiesa, una casa e una stalla. Da quassù s’abbraccia un larghissimo orizzonte, uno spettacolo mozzafiato: la vista spazia dal Gargano fino alla Dalmazia e al Conero, mentre a sud s’intravedono le coste albanesi.”
“Pochi territori in Europa – concludono gli irredentisti – hanno impressi con tanta evidenza i segni del succedersi delle ere geologiche. L’arcipelago è disabitato, fatta eccezione per i militari, eppure soltanto mezzo secolo fa richiamava le paranze dei pescatori garganici, dalmati e veneti.” Non ci sono gli spazi per riparare ai tanti torti che hanno subito le Isole Pelagose durante la loro storia plurimillenaria, ma che tra Italia e Croazia si possa e si debba fare qualcosa se non altro per garantire il rispetto del Trattato di Pace e delle convenzioni internazionale, è un dato di fatto.

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Author: Geppe Inserra

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