Il degrado urbano: ma siamo foggiani o semplicemente indigeni?

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Foggia è sporca. Come non lo è mai stata. Questa città sporca e triste, così come il fallimento ed il declino irreversibile di quell’azienda per la pulizia e l’igiene della città che una volta ne era un fiore all’occhiello, sono il paradigma di un declino più complessivo, di un degrado che è ormai una deriva.
Ma le responsabilità sono soltanto della classe dirigente? Winston Churchill affermava che ogni popolo ha il governo che si merita. Il che significa che si vince o si perde tutti insieme. Ed è proprio questa dimensione collettiva che è una città, questa capacità di stare insieme da cittadini, che pare essere in declino. Città e civiltà hanno la stessa radice lessicale: una città dovrebbe essere civile, per il semplice fatto di essere tale. Lo è la nostra città?
Foggia è in crisi, d’accordo. Il Comune è sull’orlo del lastrico. Ma le responsabilità sono anche di noi cittadini, che non siamo cittadini fino in fondo: a questo punto sarebbe forse meglio chiamarci abitanti, residenti, anzi, lasciatemela passare, indigeni. Accidenti.

Indigeno è chi nasce in un posto e continua ad abitarci, senza averlo scelto. Così come abitanti e residenti sono termini che rinviano ad un concetto meramente spaziale, o se preferite geografico. Si sta in un posto. Vi si risiede. Vi si abita. Lo si subisce.
Essere cittadino è invece qualcosa di più complesso perché, quand’anche l’essere cittadino si limiti soltanto a votare chi deve governarci, implica una partecipazione – attiva o anche soltanto emotiva – al destino del posto in cui si risiede.
Il concetto di cittadinanza anticipa quello di senso civico, che possiamo definire come una partecipazione politica al destino della città. Attenzione: politica nel senso originale della parola che deriva da polis, ovvero città. Possedere senso civico significa, in definitiva, occuparsi della città, non esserne soltanto “indigeno” o “abitante”, ma farsene carico, prendersene cura. Come se fosse casa nostra, ma in questo caso il congiuntivo potrebbe essere ingannevole: perché la città è casa nostra.
Torniamo a Foggia sporca e brutta. Cosa accade in una buona famiglia se, per avventura, com’è successo a Foggia con l’Amica, si ammala la mamma e non c’è chi può fare i servizi in casa? Che gli altri componenti della famiglia si danno da fare, e se proprio sono negati per i servizi domestici, almeno cercano di non sporcare.
Cosa succede invece a “casa Foggia”? La mamma sta male, ma quelli che vivono in casa se ne fregano. Sporcano come prima, più di prima.
Bisognerebbe ripartire dall’opinione pubblica: o meglio, bisognerebbe ripartire dai tanti foggiani che non voglio essere indigeni ma cittadini. E che affermano il loro diritto-dovere di cittadinanza almeno nei social network.
Questa città è rotolata così in basso che forse, il solo valore rimasto è la capacità di indignarsi, di non restare in silenzio di fronte al crescente squallore cui Foggia sembra essere condannata.
Non è tanto, ma non è neanche poco. Bisogna ripartire da questo.

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Il degrado urbano: ma siamo foggiani o semplicemente indigeni?

  1. Parto dalla fine del tuo interessante e, purtroppo, verissimo post, caro Geppe.
    Foggia è rotolata davvero in basso ed il solo valore rimasto è l'indignazione che tanta parte della popolazione esprime sui social o in altre forme.
    E sono pienamente d'accordo che è da questo punto che bisogna ripartire.
    C'è nell'aria un vento di cambiamento, forse una presa di coscienza diversa. Qualcuno direbbe "meglio tardi che mai". Ed è vero.
    Ma bisogna reagire praticamente a tutto questo. Bisogna, e devo ancora darti ragione, PARTECIPARE.
    Penso sia la parola magica, la chiave che apre la serratura ormai arrugginita. Noi foggiani, quelli che hanno davvero a cuore la nostra splendida città, hanno il dovere di non stare più in silenzio. Subire politiche e scelte sociali a dir poco scellerate senza batter ciglio, non ci è più concesso. Pena il definitivo collasso di tutta la comunità.
    Hai portato ad esempio il caso emblematico dell'AMICA. E qui se ne potrebbe parlare per ore. Da "fiore all'occhiello" della città è divenuta anch'essa parte della discarica dove essa stessa conferisce i rifiuti, sversandone all'interno malaffare, degrado morale, arroganza e strafottenza per ogni cittadino foggiano. Come coniugare il partecipare e l'amore ed il rispetto per la tua città? Ad esempio, noi, come associazione consumatori, stiamo pensando di raggruppare chi si sente truffato da una gestione che definire "allegra" è un eufemismo, costituendoci parte civile nel processo contro i gestori di questo tracollo. Insomma, d'ora in poi, chi gestisce la cosa pubblica a Foggia vorremmo che capisse che il cittadino non sarà più una bella statuina, al quale far passare sotto il naso di tutto. Approfitto per segnalare l'indirizzo della nostra associazione, la Polidream-Assoutenti Foggia
    http://www.assoutentifoggia.com/ che, spero, in sinergia con gli spiriti come il tuo Geppe, pronti al riscatto in nome della nostra città, possano dar vita a progetti comuni.
    Per il bene di tutti.
    Vi lascio con una frase del buon Pino Aprile, il più meridionalista dei giornalisti, nel suo ottimo libro "Giù al Sud":
    Scrivendo ed interrogandosi sull'atteggiamento che abbiamo nei confronti della propria città ( e noi foggiani ne siamo maestri), non riconoscendone nè la sua storia e nemmeno i toponimi dice:
    "E non so darmi altra spiegazione che questa: la città è la terra che non ha saputo difenderti e smette, così, di essere tua Madre. La disconosci. I suoi rappresentati, come sovrani o sacerdoti, perdono il rapporto con il cielo, che si rivela vuoto. E questo svuota anche la terra, che si riduce da Patria, a casa, a superficie. E' la fine del grande inganno; non importa quanto grande e forte sia la comunità così colpita, il cedimento è istantaneo".
    Un saluto a tutti i lettori del blog di Geppe e a presto risentirci. C'è sempre più bisogno di blog così.
    Ciao Geppe.

  2. Mi ha scritto su FB Massimo Mazza, operatore culturale e giornalista, responsabile dei Fondi Speciali alla Biblioteca Provinciale: "assimo Mazza Geppe, come al solito la tua penna è penetrante ed efficace come un bisturi in certi contesti, dolce e piacevole in certi altri: anch'io provo purtroppo le stesse tue sensazioni e sono quasi disperato nel vedere una città a pezzi, nel riscontrare viale d'Addedda per es.,- ove abito – già un'oasi di verde, di pace, di pulizia da far invidiare il più civile degli altoatesini,- in un letamaio che ha ricoperto giardini, parchi, strade, marciapiedi e cancelli. La colpa di chi è? Dei foggiani ovviamente ed i foggiani siamo noi, ma questa civica amministrazione non è esente da responsabilità ed errori! Tu richiami alla mente gli anni d'oro dell'AMICA ed il mio pensiero va agli anni '70, allorchè mio suocero, socialdemocratico di lungo corso, era componente del Consiglio di Amministrazione dell'Azienda Municipalizzata per l'Igiene e la Conservazione dell'Ambiente: ebbene i consiglieri dell'AMICA percepivano gettoni di presenza pari a 5mila/8mila lire che in parte davano al partito. Non possiamo dimenticare che fino ad un anno fa, un semplice e inutile consulente legale esterno dell'AMICA percepiva 600mila euro all'anno, pari ad un miliardo e mezzo delle vecchie lire, per intenderci, e tutto ciò rappresenta solo un piccolo esempio, una sorta di punta di "iceberg" di quanto avviene in politica e nella nostra città; per non parlare degli emolumenti e liquidazioni agli attuali consigli di amministrazione. In sostanza tanto danaro pubblico che poteva servire per cooperative, operai, lavoratori è finito nelle tasche dei soliti noti, favorendo solo licenziamenti, disoccupazione e tanta monnezza. Siamo foggiani o indigeni? Chiediamolo agli ultimi due Consigli Comunali della Città che nella misura in cui sono andati e sono tuttora allo sbando, vengono fuori miseria e inciviltà! Grazie Geppe!"

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