Il riordino delle Province poteva e doveva essere un’occasione anche per mettere ordine nei confini regionali, alcuni dei quali stanno stretti alle Province. Anche pugliesi. Se, almeno, la Provincia di Foggia può consolarsi in quanto ha i numeri che le garantiscono la sopravvivenza, non è così per le altre Province che a suo tempo promossero il patto federativo delle 4 province, sottoscritto oltre che dall’allora presidente di Palazzo Dogana, Antonio Pellegrino, dai presidenti delle Province di Benevento, Avellino e Campobasso.
Benevento, città dalle gloriosissime tradizioni e capoluogo del Sannio, sarà costretta ad aggregarsi ad Avellino. Campobasso sopravvivrà, incorporando la provincia di Isernia, ma dovrà fare i conti con il possibile riordino regionale, in quanto è tutto il Molise a non avere i numeri per restare una regione autonoma.
Che sarebbe accaduto se il sogno dei quattro presidenti avesse messo le ali? Forse oggi staremmo ragionando sulla ipotesi di una nuova aggregazione regionale. Abbiamo dato notizia ieri dei fermenti che in queste settimane si sono agitati, soprattutto in quel di Benevento, provincia che sembra essere la più colpita dalla drastica cura dimagrante imposta dal Governo Monti agli enti intermedi, destinati comunque a diventare enti di secondo livello.
Che la via di una possibile revisione dei confini regionali poteva e doveva essere tentata giunge da un intervento dell’economista Luigi Ruscello che riflettendo sul referendum promosso Consiglio provinciale di Piacenza per chiedere l’aggregazione della città emiliana alla Lombardia, in una nota inviata al quotidiano on line di Benevento Ntr24, “bacchetta” i consiglieri provinciali sanniti, accusandoli di non aver convocato subito la seduta consiliare per la discussione del referendum sul Molisannio.
L’intervento dell’economista è pacato e lucido, e conferma la tesi che il riordino delle Province avrebbe potuto essere l’occasione anche per una più complessiva riflessione, che avrebbe potuto riguardare anche i confini pugliesi.
“Già discutere di questione meridionale – sostiene oggi Ruscello – potrebbe apparire oggi anacronistico, quando poi essa venga accoppiata ad un tema qual è il Molisannio, si rischia di essere lapidati sul posto. Ebbene, nonostante la premessa, mi permetto osservare che mai come in questi giorni è possibile confrontare i nostri comportamenti con quelli di realtà settentrionali e mi riferisco, in particolare, alla Provincia di Piacenza. Anche quest’ultima, infatti, al pari di Benevento, non possiede i requisiti minimi per conservare la propria autonomia. Ma i piacentini, di fronte all’eventualità di essere accorpati a Parma, non si sono persi in chiacchiere e, in meno di due mesi, hanno realizzato ciò che si tenta invano da anni a Benevento.”
L’economista ricorda, in proposito. che il Consiglio provinciale di Piacenza il 24 settembre scorso ha deliberato, sia pure a maggioranza, sul distacco dall’Emilia Romagna e l’aggregazione alla Lombardia. L’iniziativa è stata particolarmente tempestiva e rapida: dopo soli due giorni la richiesta di referendum era già depositata presso la Corte di Cassazione e quest’ultima, giovedì scorso, ha ammesso senza riserve la richiesta di indizione del referendum popolare. Cosicché, entro 90 giorni dovrà essere stabilita la data, che coinciderà quasi sicuramente con quella delle elezioni politiche, permettendo – aggiunge il prof. Ruscello – così anche il pressoché totale azzeramento delle spese.
“A Benevento, invece, – osserva l’economista – nemmeno di fronte a più di 4mila firme di cittadini, e seppure pressati dal Presidente Cimitile, i Consiglieri non hanno ritenuto opportuno convocare immediatamente una apposita seduta. Anzi, a quanto è dato sapere, dovrebbero riunirsi addirittura il 13 novembre, quando cioè la Provincia, molto probabilmente, non esisterà più perché commissariata (commissariamento che dovrebbe essere comunque scongiurato, in quanto il governo sembra orientato a fissarlo per giugno del prossimo anno, n.d.r.). “
Secondo Ruscello, tuttavia, “una delibera antecedente al 24 ottobre avrebbe consentito alla Regione Campania di fornire quanto meno una parvenza di motivazione alla richiesta di deroga per Benevento (l’invocata strategicità delle 4 Province e della Città metropolitana è solo una vuota espressione). La Provincia, inoltre, si sarebbe costituito così anche un validissimo motivo per il ricorso al Tar. Il confronto con Piacenza, dunque, è molto amaro e dovrebbe solo far arrossire di vergogna i nostri attuali Consiglieri. Non meravigliamoci allora se, dopo più di centocinquanta anni, la questione meridionale esiste ancora più viva che mai. “
Insomma, se l’ambizioso progetto delle Quattro Province non fosse stato lasciato cadere, la “quasi regione” vagheggiata dai quei quattro presidenti, tanto lungimiranti quanto inascoltati,avrebbe potuto diventare una regione vera.
Views: 44