Sono 5.557 i progetti finanziati in Capitanata dall’Unione Europea. Non tutti attivi, però. L’investimento comunitario complessivo ammonta a ben un miliardo e mezzo di euro. Ma si tratta di danaro pubblico che potrebbe restare virtuale, se i progetti non si tradurranno in cantieri. La media pro-capite è alta, tra le più alte delle province meridionale. Facendo un po’ di calcoli, è come se l’Unione Europea avesse elargito ad ogni abitante della provincia di Foggia 2.295 euro. Il problema è che i pagamenti effettivi – ovvero i finanziamenti che sono stati concretamente erogati, perché le opere o gli interventi sono stati cantierizzati, sono di gran lunga inferiori: soltanto 339,4 milioni di euro, poco più del 20 per cento.
Sono queste la cifre che si ricavano dal sito Opencoesione, lodevole iniziativa del Ministro per la coesione economica, Fabrizio Barca, che è riuscito a mettere on line un capillare monitoraggio di tutti i progetti in itinere sostenuti dall’Unione Europea nel nostro Paese.
Le cifre imponenti consentono di smontare uno stereotipo piuttosto diffuso: quello della presunta, bassa capacità progettuale dei beneficiari dei finanziamenti comunitari. Se istituzioni locali, imprese, associazioni, cittadini sono riusciti ad intercettare un miliardo e mezzo di neuro di potenziali finanziamenti comunitari vuol dire che non mancano le idee e neanche i progetti, in provincia di Foggia, così come nel resto della Puglia e del Mezzogiorno. Ciò che manca è la capacità di concretizzarli, di tradurli in opere, vuoi anche perché le dinamiche di controllo della spesa e di concreta erogazione dei finanziamenti sono piuttosto diversi da quelle italiane, vuoi perché comunque quello della lentezza della spesa pubblica è un problema endemico del Mezzogiorno.
In un’epoca in cui i cordoni della spesa pubblica si vanno sempre più restringendo riuscire ad utilizzare questi investimenti, spendere fino all’ultimo euro comunitario rappresenta la sola possibile risposta a bilanci che stanno diventando sempre più leggeri. Basti vedere il caso della città capoluogo, la cui amministrazione municipale è alle prese con una gravissima crisi finanziaria che ha portato le casse comunali sull’orlo del dissesto. Spendere bene e presto i soldi concessi dall’Unione Europea rappresenterebbe assai di più di una boccata d’ossigeno per l’asfittica economia cittadina.
Per la verità, Foggia denota una maggiore capacità di spesa rispetto agli altri comuni della provincia, ma le cifre sono lo stesso poco rassicurati. La quota complessiva di finanziamento europeo che riguardano il capoluogo è di di 304,5 milioni di euro, circa il 20% del totale delle risorse che l’Ue vorrebbe investire in Capitanata, per un finanziamento pro capite di 1.993 euro. I pagamenti finora effettuati ammontano a 123,6, più di un terzo, e dunque superiori alla media provinciale di utilizzazione, che è di poco superiore al 20 per cento. Sono invece 1.506 i progetti finanziati. Come si vede dalla cartina (a colore più scuro corrisponde un investimento più elevato) il capoluogo è comunque il comune che è riuscito ad attrarre la mole più cospicua di finanziamenti comunitari almeno in termini assoluti.
Dal punto di vista della qualità degli investimenti, sorprende invece la capacità progettuale dei piccoli comuni. Un indicatore attendibile di qualità è dato dal valore pro-capite dei progetti ammessi a finanziamento. Sono ben quattro i piccoli comuni della provincia di Foggia che figurano nei primi cinque posti della graduatoria regionale pugliese, che si apre con Chieuti (32.846 euro pro-capite), seguita dal comune pugliese più piccolo in assoluto, Celle di San Vito, con 24.508 euro. Al quarto posto (dopo il comune barese di Toritto) c’è Orsara di Puglia con 13.061 euro, quindi un altro micro-comune, Carlantino con 12.008 euro.
Tanti soldi pubblici, tante opportunità, ma resta il problema della capacità di utilizzare questi finanziamenti. Con l’avvertenza che spendere in ritardo non soltanto dilaziona le opportunità di ripresa economica che potrebbero scaturir dalla celere cantierizzazione degli investimenti. C’è il concreto rischio che questi vengano persi in quanto le norma comunitarie impongono che i finanziamenti debbano essere spesi entro il 2013.
Quale straordinaria opportunità di crescita potrebbe rappresentare, per il territorio, la tempestiva utilizzazione dei finanziamenti è confermata dall’analisi della loro destinazione.
Opencoesione aggrega i dati sulla base della natura dell’investimento (cosa si fa con il danaro) e dei temi, cioè dei settori in cui si concentrano gli interventi. Se è vera la tesi che il maggior ostacolo allo sviluppo dell’economia provinciale è rappresentato dalla perdurante carenza nella dotazione infrastrutturale, è ancora più evidente e dolorosa la forbice tra i finanziamenti disponibili e la reale capacità di spenderli.
Sono proprio le infrastrutture ad intercettare la quota maggiore della massa finanziaria comunitaria con oltre un miliardo di euro: 1.179.156.315,07, per la precisione. Per l’acquisto beni e servizi potrebbero essere spesi invece 183.286.274,12 euro, 70.169.534,06 euro sono disponibili per incentivi alle imprese, per contributi a persone 29.176.966,01 euro. Non sono ripartibili in nessuna delle aggregazioni elencate progetti per 9.381.216,05 euro.
È interessante anche prendere in esame i diversi settori di intervento, tutti di importanza nevralgica per la provincia di Foggia. A guidare la classifica è l’ambiente con 580.717.753,28 euro. Quindi, i trasporti con 313.210.902,6 euro, seguiti a ridosso dall’istruzione con 250.883.016,99 euro. Queste le cifre degli altri settori tematici: agenda digitale, 37.665.524,59 euro; città e aree rurali, 27.878.301,33 euro; competitività delle imprese 34.077.793,26 euro; cultura e turismo , 29.383.632,97 euro; energia, 7.630.997,82 euro; inclusione sociale, 89.364.511,95 euro; infanzia e anziani, 11.504.793,75 euro; occupazione, 15.330.989,37 euro; rafforzamento della pubblica amministrazione, 3.896.290,48 euro; ricerca e innovazione, 69.625.796,92 euro.
Ma perché questa ingente massa di finanziamenti non riesce ad essere concretamente impiegata e spesa? La risposta va forse cercata nella diversa filosofia che ispira i canoni dell’intervento pubblico europeo, rispetto a quelli tradizionalmente praticati in Italia. Non bisogna insomma soltanto imparare a “pensare europeo” ma anche a “spendere europeo”.
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