Lo sviluppo sta nelle cose: senza grandi opere non si esce dalla crisi

Dal Gino Lisa, al definanziamento delle dighe di Piano dei Limiti e sul Carapellotto. Il silenzio tombale caduto sul completamento della superstrada del Gargano e della Pedesubappenninica.

Qualche settimana fa, l’edizione regionale di un noto quotidiano ha pubblicato un ampio speciale dedicato alle grandi opere in stand by in Puglia. A dir la verità, a voler compilare un elenco delle grandi incompiute dello Stivale d’Italia c’è l’imbarazzo della scelta. Ma il dossier doveva essere per forza di cose limitato ai casi più appariscenti sicché le grandi opere comprese nell’elenco declinato dal quotidiano non sono moltissime, ma comunque abbastanza per rivelare la “percezione” della classe dirigente pugliese (di cui, detto senza ironia alcuna, i giornalisti baresi sono un’autorevole espressione) dello stato dell’arte della dotazione infrastrutturale pugliese e delle sue priorità.
I casi selezionati dai redattori del dossier sono soltanto cinque. Nell’ordine: la nuova sede della Regione (in attesa da 11 anni); l’Ospedale della Murgia (15 anni), l’alta capacità ferroviaria Bari-Napoli (10); il raddoppio della superstrada Leuca-Maglie (11 anni) e infine il raddoppio della strada ferrata Lesina-Termoli (10 anni), ancora a binario unico.
Intendiamoci, nessuno si sogna di mettere in dubbio l’utilità e la necessità di queste opere, né di stigmatizzare l’eccessivo ritardo con cui sta procedendo la loro cantierizzazione. 
Basta scorrere l’elenco per accorgersi, però, che quasi tutte le opere sono ubicate nella Puglia centromeridionale, oppure che, come nel caso della tratta Lesina-Termoli della ferrovia adriatica, riguardano l’intero territorio regionale.

Dall’elenco sono assenti infrastrutture di rilevanza strategica per la Puglia settentrionale o che comunque, pur ubicate in provincia di Foggia, hanno un interesse che va al di là del territorio dauno, e che dovrebbero essere pertanto percepite come opere “pugliesi” dalla classe dirigente tutta, giornalisti compresi.
Qualche esempio. La Puglia settentrionale è dolorosamente monca di uno scalo aeroportuale. Il sistema degli aeroporti regionali è imperniato sui poli di Bari Palese e di Brindisi. L’aeroporto Gino Lisa di Foggia non è messo nelle condizioni di esplicare fino in fondo la sua vocazione turistica, in quanto la pista attuale è troppo corta per consentire l’atterraggio e  il decollo di voli charter. Si parla da almeno 15 anni del  raddoppio e della riqualificazione della pista. Ci sono voluti cinque, sei anni perché si optasse per la seconda soluzione (la riqualificazione) ma il progetto cammina con estenuante lentezza anche per le difficoltà logistiche che nascono dalla necessità di espropriare i terreni interessati e di non penalizzare gli interessi dei proprietari.
Se la riqualificazione dell’aeroporto Lisa può essere, tutto sommato, ritenuta un’opera di interesse prevalente dei foggiani non altrettanto si può dire della realizzazione del secondo invaso sul Fortore, prevista addirittura da decenni. La diga di Piano dei Limiti consentirebbe di raccogliere ed invasare – impedendo che vadano disperse o, peggio ancora, che vadano ad allagare la valle, con forte rischio anche per le strade e le ferrovie – le acque che eccedono la capacità di invaso della diga di Occhito.
L’invaso è gestito dal Consorzio di Bonifica della Capitanata ed è stato realizzato inizialmente per scopi puramente irrigui ed agricoli. Con il passar del tempo, però, la diga è divenuta la principale risorsa dell’Acquedotto Pugliese, ed ha contribuito a dissetare per decenni i pugliesi.
Per il finanziamento di questa grande opere era stato previsto un investimento di 118 milioni di euro, poi tagliati dal governo Berlusconi. Erano stati stanziati nell’ambito del piano irriguo nazionale, e sono evaporati in una una delle tante manovre di riduzione della spesa pubblica. Conclusione: non ci sono più fondi per finanziare quest’opera.
Lo stesso destino sembra dover arridere ad un altro invaso che avrebbe avuto effetti di grande importanza per l’agricoltura dauna: la Diga sul Carapellotto, che avrebbe dovuto essere realizzata nelle campagne di Ascoli Satriano. Se ne è parlato l’ultima volta nel lontano 2006, in un vertice di sindaci che si erano riuniti per sollecitarne e rivendicarle la realizzazione. La riunione si concluse con la dichiarazione ed il riconoscimento del valore strategico dell’opera: da allora, non se ne è saputo più nulla.
Un altro dolorosissimo capitolo della storia infinita delle grandi incompiute della Capitanata è quello che riguarda la grande viabilità. Nessuno parla più del completamento della superstrada del Gargano, bloccata a Vico nel versante settentrionale e a Mattinatella su quello meridionale. La quarantina di chilometri che collegherebbero Peschici e Vieste a Mattinata sarebbero una formidabile risorsa per i turismo garganico. L’opera venne inserita nel piano decennale della grande viabilità alla fine degli anni Ottanta: da allora, non se ne è saputo praticamente più nulla, e neanche il progetto (necessario per adeguare il tracciato alle necessità del Parco nazionale del Gargano, istituito nel frattempo) è stato aggiornato.
Lo stesso silenzio tombale è calato su un’opera partorita negli anni Ottanta: la cosiddetta Pedesubappenninica che nelle intenzioni della Provincia, che dette l’impulso alla progettazione, avrebbe dovuto collegare il casello autostradale di Candela con quello di Poggio Imperiale, attraversando la fascia pedemontana. Adottata dalla Regione, che la classificò come strada regionale n.1, è stata realizzata soltanto per due lotti, uno dei quali mai andato in esercizio.
La Regione l’ha recentemente ceduta alla Provincia, che non disporrà mai delle risorse necessarie per completarla. Quindi, discorso chiuso, almeno per i prossimi anni, e forse decenni. 
E varrebbe infine la pena fare una riflessione anche sulla sistemazione della strada statale 90 “delle Puglie”, rimasta bloccata a lungo negli anni passati dai movimenti franosi che interessano i territorio circostante, frane che spesso hanno costretto al blocco anche la ferrovia. Passata l’emergenza nessuno più parla della realizzazione della variante che scongiurerebbe il ripetersi di episodi come quello che provocò per settimane la paralisi totale dei collegamenti tra la Puglia, la Campania e il Lazio.
Se nel caso delle opere elencate dai redattori del dossier di cui abbiamo detto all’inizio si tratta di cantieri in stand by, molti dei casi che abbiamo raccontato declinano la sagra della occasioni perdute.

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Author: Geppe Inserra

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