La cultura foggiana ha perso altri due protagonisti: nel giro di poche ore l’uno dall’altro se ne sono andati Anacleto Lupo, scrittore di razza Gennaro Arbore, tenace ricercatore di tracce – anche le più piccole – della storia locale. Furono amici, nella loro esistenza terrena, uniti dalla comune missione di diffondere cultura e conoscenza.
I loro percorsi professionali si sono incrociati sovente. Gennaro fu infatti collaboratore della redazione foggiana della Gazzetta del Mezzogiorno, quando non era ancora una redazione ma quello che si definiva allora un “ufficio di corrispondenza”. Si racconta un curioso aneddoto del loro rapporto. Frequentava l’ufficio di corrispondenza anche Saverio Biasco, che sarebbe successivamente diventato corrispondente della Rai e parlamentare. Assieme ad Arbore era incaricato di occuparsi delle previsioni del tempo che giornalmente venivano pubblicate nella sola pagina che il quotidiano barese riservava alla Puglia settentrionale.
Il compito veniva assolto con una telefonata al comando dell’ufficio meteorologico dell’aeroporto militare di Amendola, ma una sera per ragioni imprecisate, i due collaboratori non riuscirono a mettersi in contatto con la “fonte” delle loro informazioni. Furono allora costretti ad improvvisare la temperatura e le conseguenti previsioni, cosa che fecero uscendo sul balcone di viale XXIV maggio, e misurando molto empiricamente la temperatura esterna. Solo che non si trovarono d’accordo sul valore termico. Ne nacque una discussione vivace che minacciava addirittura di trascendere. I toni diventarono così accesi che le grida giunsero fino al capo della redazione, in cui ufficio era ubicato all’opposta estremità della redazione. Per placare gli animi fu costretto ad intervenire il buon Anacleto Lupo in persona. Quando chiese le ragioni del frastuono e verificò che il litigio era dovuto ai più classici dei “futili motivi” da cui spesso scaturiscono gli episodi di cronaca nera, lui, che non perdeva mai le staffe, si inalberò a sua volta…
Altri tempi ed altre cronache… L’episodio è comunque sintomatico di un certo modo di intendere il giornalismo e di raccontare i giorni che trascorrono, che ha profondamente accomunato Anacleto Lupo e Gennaro Arbore. Il primo, sempre attento a cogliere quell’aspetto intangibile della realtà che sta dietro i fatti come appaiono; il secondo, sempre impegnato a raccogliere e difendere le tracce del passato e della storia, nella consapevolezza che la memoria produce identità, e che senza l’orgoglio della propria identità, non si può vivere bene nel presente, e neanche costruire il futuro.
Profondamente religioso Lupo, così come profondamente laico e socialista fu Arbore, furono entrambi irreversibilmente e totalmente umanisti: sapevano bene che l’oggi è tale perché ci sono stati ieri e ieri l’altro a determinarlo, e che la coscienza del sé ha come presupposto indispensabile la conoscenza di ciò che siamo stati.
La loro partenza per una vita diversa e migliore lascia un vuoto profondo, perché abbiamo bisogno delle favole che Lupo ed Arbore ci hanno raccontato, di sognare la realtà che sta dietro e prima dei fatti, per sublimarla nel futuro. Che può essere diverso e migliore soltanto se chi vive il presente, riesce a superarlo.
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