Piange il Cervaro, piange. A monte, nei pressi di Montaguto, quella frana, su cui finalmente – ed al momento – l’uomo sembra aver avuto la meglio, ma che ad un certo punto si era fatta così brutta da far temere che poteva compromettere il corso del torrente.
Una trentina di chilometri più a valle, giusto al confine estremo dell’area SIC (acronimo che sta per “sito d’interesse comunitario”) gli uomini si sono mostrati assai meno bravi nel difendere la storia del vecchio torrente, demolendo per ragioni che restano tuttora oscure, il vecchio ponte della vecchia statale adriatica, che per secoli gli aveva fatto compagnia.
Il peggio è che, a distanza di ormai due settimane dalla denuncia, esplosa prima su Facebook, quindi raccolta dal Quotidiano di Foggia e da Teleblu, e successivamente ancora dagli altri organi di informazione, nonostante la forte domanda di trasparenza, ancora nulla di preciso si sa del misfatto, se non che i lavori sono stati bloccati dalla Soprintendenza e dai Carabinieri che si occupano della tutela del patrimonio culturale.
Dei possibili responsabili non si sa ancora nulla. Eppure non dovrebbe essere così difficile venire a capo del mistero, visto che per la demolizione sono stati usati fondi pubblici e che quindi il progetto doveva essere pubblico. Invece niente.
Intanto, il caro vecchio Cervaro piange, minacciato a monte dalla forza della natura(anche se il laghetto artificiale posto sulla sommità della collina che frana, sempre alla mano umana si deve…) e a valle dall’incultura dei tempi di oggi, dalla ideologia dominante dell’usa e getta. Anche i manufatti che i nostri padri ci hanno lasciato, ponti su quei per secoli sono trascinati prima pastori e greggi, e poi umori e macchine, vivono il destino che tocca alle lamette ed ai vuoti a perdere: usa e getta.
Piange il Cervaro, e testimonia una volta di più la clamorosa inutilità di interventi di protezione e tutela come i SIC (le aree protette non si fanno per decreto legge, vanno riempite con l’intelligenza e con il cuore, non sono recinti, devono vivere e pulsare) e i limiti della (in)cultura del “nuovissimo a tutti i costi” che ha provocato le demolizione del vecchio ponte.
Povero Cervaro, sempre più solo.
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