“Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si
vedrà dopo. Se ci fosse luce,
sarebbe bellissimo.” Con queste parole, si conclude l’ultima lettera
scritta dal carcere brigatista, da Aldo Moro a sua moglie. Dal buio della
prigione, Moro intravede la speranza della luce.
vedrà dopo. Se ci fosse luce,
sarebbe bellissimo.” Con queste parole, si conclude l’ultima lettera
scritta dal carcere brigatista, da Aldo Moro a sua moglie. Dal buio della
prigione, Moro intravede la speranza della luce.
Il pathos straordinario di quella lettera accompagna tutte
le sequenze del dramma “Aldo Moro: politica e martirio” di Anacleto Lupo,
andato in scena in anteprima nazionale al Teatro Garibaldi di Lucera. Un
omaggio che in occasione della Settimana della Cultura e del trentennale del
rapimento e dell’uccisione di Moro, la Provincia di Foggia e l‘Agenzia per la
Cultura hanno voluto rendere sia alla memoria del grande statista, sia allo
scrittore e giornalista Lupo, che da anni vive nella cittadina sveva, dopo
essere stato per decenni a capo della redazione foggiana della Gazzetta del
Mezzogiorno.
le sequenze del dramma “Aldo Moro: politica e martirio” di Anacleto Lupo,
andato in scena in anteprima nazionale al Teatro Garibaldi di Lucera. Un
omaggio che in occasione della Settimana della Cultura e del trentennale del
rapimento e dell’uccisione di Moro, la Provincia di Foggia e l‘Agenzia per la
Cultura hanno voluto rendere sia alla memoria del grande statista, sia allo
scrittore e giornalista Lupo, che da anni vive nella cittadina sveva, dopo
essere stato per decenni a capo della redazione foggiana della Gazzetta del
Mezzogiorno.
Nella sua opera, Anacleto Lupo offre una insolita ma
affascinante lettura del calvario di Aldo Moro: nessun martire muore invano,
quando il suo olocausto addita ai posteri la strada della speranza, e della
fede. Gli ultimi 55 giorni di Moro sono raccontati da Lupo attraverso la lente
della fede, che è anche il tratto essenziale delle sue più recenti opere
letterarie, poetiche e teatrali.
affascinante lettura del calvario di Aldo Moro: nessun martire muore invano,
quando il suo olocausto addita ai posteri la strada della speranza, e della
fede. Gli ultimi 55 giorni di Moro sono raccontati da Lupo attraverso la lente
della fede, che è anche il tratto essenziale delle sue più recenti opere
letterarie, poetiche e teatrali.
In questo senso,il dramma si discosta sensibilmente dalle
interpretazioni che teatro, cinema e letteratura hanno dato delle vicende che
hanno portato alla morte di Moro. Le polemiche ed il mistero cedono il posto ad
un racconto scandito da una dimensione più intima: Moro come uomo dalla fede
profonda, che nella fede cerca, fino all’ultimo istante della sua vita, una
difficile spiegazione, e che nel buio alla fine, scorge la luce.
interpretazioni che teatro, cinema e letteratura hanno dato delle vicende che
hanno portato alla morte di Moro. Le polemiche ed il mistero cedono il posto ad
un racconto scandito da una dimensione più intima: Moro come uomo dalla fede
profonda, che nella fede cerca, fino all’ultimo istante della sua vita, una
difficile spiegazione, e che nel buio alla fine, scorge la luce.
Il dramma, apprezzato e calorosamente applaudito dal
pubblico (presenti tra gli altri l’ex segretario generale del Quirinale,
Gaetano Gifuni, e il sindaco di Lucera, Vincenzo Morlacco) è stato messo in
scena nell’adattamento e per la regia di Sergio De Sandro Salvati, interpreti
gli attori della Compagnia La Medusa di Foggia (Gino Caiafa, nella parte di
Moro, Rosa D’Onofrio e Vincenzo Cripezzi). Il pubblico ha particolarmente
apprezzato l’approccio multimediale: la lettura scenica è stata accompagnata da
inserti sonori e musicali, mentre sul fondale nero scorrevano le immagini dei
servizi televisivi e degli articoli dell’epoca. Le canzoni, musicate da Michele
Dell’Anno su testi di Lupo, sono state eseguite dallo stesso Dell’Anno (che si
accompagnava con la fisarmonica) e da Giustina Ruggiero (vocalist), Marta
Dell’Anno (viola), Rosario Nido (percussioni e tammorra), Nunzio Ferro
(chitarra), Andrea Resce (contrabbasso).
pubblico (presenti tra gli altri l’ex segretario generale del Quirinale,
Gaetano Gifuni, e il sindaco di Lucera, Vincenzo Morlacco) è stato messo in
scena nell’adattamento e per la regia di Sergio De Sandro Salvati, interpreti
gli attori della Compagnia La Medusa di Foggia (Gino Caiafa, nella parte di
Moro, Rosa D’Onofrio e Vincenzo Cripezzi). Il pubblico ha particolarmente
apprezzato l’approccio multimediale: la lettura scenica è stata accompagnata da
inserti sonori e musicali, mentre sul fondale nero scorrevano le immagini dei
servizi televisivi e degli articoli dell’epoca. Le canzoni, musicate da Michele
Dell’Anno su testi di Lupo, sono state eseguite dallo stesso Dell’Anno (che si
accompagnava con la fisarmonica) e da Giustina Ruggiero (vocalist), Marta
Dell’Anno (viola), Rosario Nido (percussioni e tammorra), Nunzio Ferro
(chitarra), Andrea Resce (contrabbasso).
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